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CAPO XX. 43

tore1. E di vero il sangue affricano non ha mai cessato di scorrere nelle vene del sardo. Perocchè i Cartaginesi mischiatevi le razze non solo renderono al tutto punica la miglior porzione dell’isola, dove signoreggiavano, ma per mezzo delle colonie v’introdussero arti e culture sue proprie. Nè forse ad altro popolo sono da attribuirsi i così detti Nuraghi, che in molto numero si ritrovano ancora per la Sardegna. Son quelli certi edifizj, o sien torri più propriamente, di trenta a quaranta piedi d’altezza, costruite di pietre calcaree del paese non collegate da cemento, e di tal forma che gradatamente si ristrigne in cono alla sommità: una porta abbasso serve d’unico ingresso, e al di dentro han d’ordinario due o tre camere arcuate soprapposte l’una all’altra, dove si sale per una scaletta piccola, o per una cordonata, la qual traversa spiralmente la grossezza dei muri. Alcuni Nuraghi si trovano circondati da larghi terrapieni, fortificati intorno da muraglie alte circa venti piedi; altri sono di più fiancheggiati da coni minori o torri laterali; e il muro, che di dentro le racchiude, è qualche volta attraversato nella sua total lunghezza da un tragitto, il qual conduce d’uno in un altro cono, e molto corrisponde all’uso delle nostre casamatte. In queste straordinarie ma rozze moli, fabbricate con sassi irregolari e mal tagliati, non si vede per certo molta arte d’edificare, ancorchè stabili2. E in ritrovarle

  1. Cicer. pro Scauro 42. ed. Peyr.
  2. Vedi l’alzato e la pianta del Nuraghe d’Isili. tav. lxxi. 4