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libro iii. capo xxiii. 151

me scrisse il beato Gregorio) non una sola goccia dell’acqua stessa entrò nella chiesa. Ed anco le mura della stessa città di Verona in alcune parti furono da questa improvvisa inondazione ruinate. La quale inondazione avvenne nel dì sestodecimo delle Calende di novembre1. Fuvvi poi tanta fre-

  1. Presentemente è opinione generale che le grandi inondazioni dei fiumi nell’Italia settentrionale derivino dalle tagliate de’ boschi nelle alpi. La pioggia (si dice) nel cadere, quando è arrestata dai rami e dalle frondi degli alberi, scola lentamente pei tronchi sul terreno, dove ancora trattenuta dallo strame, dai cespugli e da tutti quegl’inciampi, di cui sono piene le selve, parte si disperde, e parte con tardo moto si dirige all’alveo de’ fiumi e de’ torrenti; i quali per conseguenza raccolgono un minor volume di acqua, e scorrono con minore velocità di quello che non farebbero se le pioggie giungessero loro rapidamente dal declivio dei monti, senza il freno dei predetti ostacoli: onde dalle dette tagliate de’ boschi si ripetono i grandissimi danni apportati dai torrenti e dai fiumi alle nostre sventurate campagne. Io parlo specialmente col linguaggio de’ popoli che sono terribilmente minacciati dal Tagliamento, il quale pur troppo tiene in continue palpitazioni il cuore degl’industri abitatori delle sue sponde. Ma all’occasione di questa straordinaria inondazione, descritta dal nostro autore, mi vien d’osservare, che se mai vi fu un tempo in cui non solo i monti, ma eziandio le grandi pianure fossero coperte di densissimi boschi, lo fu certamente ne’ secoli barbari. Basti il leggere quanto dice il Muratori nella Dissert. 21 delle Antich. Ital., dove si troveranno quanti documenti storici si vogliono della selvatichezza fisica dell’antica Italia. “Veg-