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LIBRO SECONDO — 1768. 95

dantemente provveduto alla pietà pubblica, e quanto al santuario sapendosi che ormai è tempo di quello avvertimento che fece, inspirato da Dio, Mosè condottiero del popolo ebreo, di non più portare donativi all’arca; perciò noi rivolgendo lo sguardo al sostentamento delle famiglie de’ nostri sudditi ed al riposo loro sui beni che possedono, siamo venuti col presente editto a risolvere e dichiarare cadute tutte le sostituzioni o chiamate a favore degli espulsi gesuiti non ancora avverate; essendo nostra regal volontà che i beni compresi nelle sostituzioni o chiamate restino alla libera disposizione dell’ultimo secolar possessore, dopo il quale sarebbero chiamati i gesuiti. Napoli 28 luglio 1769. — Ferdinando re.»

IX. Tra mezzo alle riferite cose corsero per l’Europa lettere del papa, in forma di breve, contro il duca di Parma, che ad esempio di altri re, come ho detto innanzi, aveva discacciata la compagnia di Gesù; e perciò Clemente XIII minacciando anatemi e censure a principe debole e fanciullo, non ne temeva lo sdegno, e sperimentava l’eflicacia delle armi sacre per coglier sovrani di maggior potenza. Il breve dicendo essere lo stato di Parma feudo della Chiesa, e contrarii alle ragioni e potestà di lui gli atti avverso la compagnia di Gesù fatti a dispregio degli avvisi, della indulgenza, della mansuetudine del sommo pontefice, conchiudeva: «Siccome è notorio e incontrastabile (per la bolla in Cœna Domini) che gli autori o partecipanti alla pubblicazione degli atti suddetti sono incorsi nelle censure ecclesiastiche, così i medesimi non potranno ricevere l’assoluzione se non da noi o da’ nostri successori.»

Reggeva il ducato di Parma per l’adolescenza del principe il ministro Guglielmo du Tillot, francese, il quale, nulla mutando alle amministrazioni dello stato, ebbe ricorso a’ re di Spagna, Francia, Napoli e Portogallo contro il papa che aveva offeso nel sovrano di Parma tutti i sovrani cattolici. Il re del Portogallo, pronto ed usato a’ litigi, riprovò il breve; il re di Spagna lo confutò, riproducendo le querele e le proteste contro alla citata bolla in Cœne Domini; Luigi re di Francia fece occupare gli stati di Avigone e ’l Venesino posseduti dal papa. Ed in Napoli la regal camera di Santa Chiara e ’l delegato della giuridizione regia, intenti a sostenere le ragioni della sovranità, dimostrando la fallacia delle pretendenze di Roma, pregarono il re provvedesse a’ diritti suoi e dello stato; e ’l re, disapprovato il breve e vietatolo ne’ suoi regni, comandò che gli stati di Benevento e Pontecorvo ritornassero all’antico dominio de re delle Sicilie. Per lo che nel possesso, facendo da sovrano legittimo e durevole, confermò a ’ cittadini le presenti franchige, ravvivò le antiche de’ passati re cominciando da Ruggiero, e ne promise altre nuove in premio di fedeltà. I popoli giurarono al nuovo impero,