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118 LIBRO SECONDO — 1783.

donde le false voci e le credenze di ardori sotterranei. Tanto più che udivano fremito e rombo come di tuono, talora precedere gli scuotimenti, talora accompegnarli, ma più sovente andar solo e terribile. Il cielo nubiloso, sereno, piovoso, vario, nessun segno dava del vicino tremuoto; le note di un giorno fallavano al vegnente, ed altre si citavano fino a che fa visto che sotto qualunque cielo scuoteva la terra. Comparve nuova tristezza; nebbia folta che offuscava la luce del giorno e addensava le tenebre della notte, pungente agli occhi, grave al respiro, fetida, immobile, ingomberante per venti e più giorni l’aere delle Calabrie; indi melanconie, morbi, ambasce agli uomini ed a’ bruti.

XXIX. Incomincio racconto più mesto; la miseria degli abitanti. Al primo tremuoto del 5 di febbrajo quanti erano dentro le case della Piana morirono, fuorchè i rimasti mal vivi sotto casuali ripari di travi o di altre moti che nelle cadute inarcarono: fortanati, se in tempo dissepolti; ma tristissimi se consumarono per digiuno l’ultima vita. Coloro che per caso stavano allo scoperto furono salvi, e nemmen tutti, altri rapiti nelle voragini che sotto ai piedi si aprivano, altri nel mare dalle onde che tornavano, altri colti dalle materie projettate dal turbine, infelicissimi i rimanenti che miravano rovinate le case, e soggiacenti la moglie, il padre, i figliuoli. E poichè, anni dopo, io stesso ragionai co’ testimonii della catastrofe e con uomini e donne tratti dalle rovine, potrò, quanto comporta l’animo e l’ingegno, rappresentare le cose morali de’ tremuoti delle Calabrie, come finora ho descritto più facilmente le parti fisiche e materiali.

Alla prima scossa nessun segnale in terra o in cielo dava timore o sospetto, ma nel moto ed alla vista dei precipizii, lo sbalordimento invase tutti gli animi, così che, smarrita la ragione e perfino sospeso l’istinto di salvezza, restarono gli uomini attoniti ed immoti. Ritornata la ragione, fu primo sentimento de’ campati certa gioja di parziale ventura, ma già fugace perchè subito la oppresse il pensiero della famiglia perduta, della casa distrutta; e fra tante specie presenti di morire, il timore di giorno estremo e vicino, più gli straziava il sospetto che i parenti stessero ancora vivi sotto le rovine, sì che vista l’impossibilità di soccorrerli, dovevano sperare (consolazione misera e tremenda) che fossero estinti. Quanti si vedevano padri e mariti aggirarsi fra i rottami che coprivano le care persone, non bastare a muovere quelle moli, cercare invano ajuto ai passeggeri; e alfine disperati gemere dì e notte sopra quei sassi. Nel quale abbandono de’ mortali, rifuggendo alla fede, votarono sacre offerte alla Divinità, e vita futura di contrizione e di penitenza; fu santificato nella settimana il mercoledì, e nell’anno il 5 di feb-