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134 LIBRO SECONDO — 1790.

donne comunicarono per deputazioni con l’assemblea e col re; ed esprimendo a fascio bisogni e desiderii, con preghi o minacce e pianto ed ira, avute risposte consolatrici e benigne, si univano alle compagne, riferivano le cose dette e le intese, contendevano, strepitavano; e già stanche della fatica de’ nuovi offici e delle piogge che stemperate cadevano, si ricoverarono dopo molta notte nelle chiese e negli atrii dell’assemblea. Ma non prendeva riposo una masnada di ribaldi (cinquecento almeno) venuti con le donne a Versailles, prevedendo tumulti o a suscitarne; i quali entrando spicciolati ne’ giardini o nelle corti mal guardate del palazzo, e quindi apertamente forzando ed uccidendo le guardie, occuparono la reggia. I prìncipi (erano il re, la regina, una principessa e due figli bambini) desti dal romore delle armi e da’ servi, rifuggirono ai più secreti pebetrali della casa; ed in quel tempo gli spietati manigoldi, con l’armi nude, cercando giunsero alla stanza dove poco innanzi dormiva la regina; e trovando il letto vuoto, ancora tiepido della persona, lo trapassarono di molti colpi di pugnale o di lancia, niente offensivi, più atroci. E fu provvedere divino che non sapessero gli ordini interni della casa, per lo che non pervennero al luogo dove stava la misera famiglia, sbigottita, e tacita gemendo, per sospetto che il pianto la denunziasse. Molte guardie del re, molti servi furono uccisi; accorsero le milizie civili di Versailles e l’esercito di Parigi; e spuntato alfine il giorno, i deputati dell’assemblea e i cittadini amanti giustizia si assembrarono; e, guardata la reggia, scomparvero gli empii carnefici della notte,

Orrenda notte, non mai cancellata dalla mente del re, cagione di alto sdegno e di domestica strage. I repubblicani, bramando che il re stesse a Parigi dov’era grande numero di loro, andavano strillando come plebe «Il re a Parigi.» L’assemblea non discordava, sperando in quella città maggior sicurezza; e lo bramava La Fayette per meglio custodire il re, serbare in lui la monarchia, e farlo ostacolo alle già palesi pratiche dei faziosi. Il re, dal terrore della notte indocilito, sempre dicendo volere quel che il suo popolo volesse, stabilì nel giorno medesimo andare a Parigi con la famiglia; l’assemblea nazionale seguirebbe.

Divelgata la nuova, si apprestò il partire, il ricevimento. I manigoldi, usciti di Parigi due giorni avanti, vi tornavano superbi come vincitori; portando a trionfo in punta delle lance due teschi che attestavano la morte di due guardie del corpo, fedeli al re, uccise combattendo nelle camere della reggia; sì che la barbara pompa era pietà ed onore agli oppressi, infamia a trionfanti. Succedevano i battaglioni delle donne, le quali avendo trasandato per i crudeli offizii di quei giorni le mondizie e le dolcezze del sesso, parevano in furie o mostri trasformate; indi marciavano con ordine le schiere,