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LIBRO SECONDO — 1790. 135

guidate da La Fayette, e dietro a tante moltitudini le carrozze del re, della regina e della famiglia; i quali (benchè alle voci festive con festivo sembiante rispondessero) portavano in fronte la mestizia, il sospetto, la fatica e ’l terrore della scorsa notte. Mutarono da quello istante le regole di governo; il re confermava le nuove leggi dell’assemblea; dava la cura della città a’ magistrati municipali; la custodia del regno e sin anche della reggia alle milizie nazionali. Stavano per forma di monarchia i ministri; reggevano lo stato le municipalità, gli elettori e l’assemblea. Il re faceva le mostro del prigioniero, ma si diceva libero per compiacere alla contraria fazione, che in lui ad un punto voleva modestia di cattivo acciò non opponesse a’ novelli statuti, e possanza di re per legittimarli. Egli perciò sconfidato di tornare in signoria per le proprie forze o per favore delle sue parti, volse l’animo e i maneggi a’ potentati stranieri; e sperò fuggirsi di Francia e rientrare con Prussiani e Tedeschi. Ma il gran cimento abbisognava di tempo e di fortuna.

Nel qual mezzo la Francia, sciolta da’ freni dell’usato imperio, si governava a ventura, seguendo il vario senno dei potenti del luogo. Gl’impeti primi del popolo si voltarono a’ castelli e terreni baronali, dove ardendo e rapinando in nome della libertà e per odio alle feudali memorie, infiniti misfatti commettevano. Uomini oscuri, per diventar potenti, si adunavano in secrete combriccole; e i nobili, fuggendo la infausta terra, andavano allo straniero; aristocratici e nemici fu un nome istesso. L’alta nobiltà migrando a Coblentz, e la nobiltà provinciale al Piemonte, sotto il conte d’Artois fratello del re, per armi e trame combattevano la rivoluzione. In tante guise il cammino alla repubblica si agevolava. Sola, fra disegni discordanti o perversi, un’ adunanza discuteva le dottrine di stato, e poneva la sperata monarchia sopra fondamenti di ragione. Dichiarata la uguaglianza tra gli uomini, venivano uguali le leggi, certa di ognuno da proprietà, sicure le persone, facile il cammino alla giustizia, le ingiustizie impedite o castigate; lasciati al re gli onori, le riechezze, l’imperio, la felicità di far grazia; non più il clero arricchito da superstizioni, ma dotato dallo stato; e però la chiesa impotente al male, cresciuta in dignità. Altre leggi sapienti e benefiche l’assemblea nazionale maturava.

XL. Tali erano in Francia le cose al finire dell’anno 1790; ma variamente raccontate nel mondo e producendo, come l’animo degli ascoltatori, opinioni differenti, spaventavano i re, i cortigiani, i ministri, concitavano il clero, allegravano i filosofi e i novatori. I due sovrani di Napoli con più odio e sdegno le sentivano, perchè parenti dei Borboni di Francia, e sorelle le due regine; ed essi stando in quel tempo nella reggia di Vienna, conoscevano i disegni dell’imperatore Leopoldo. Il quale già mosso ad ira dalle ribellioni