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LIBRO TERZO — 1791. 139

ricchi e scambievoli. Stavano in Roma le due principesse di Francia, Adelaide e Vittoria, zie del re Luigi, fuggitive da’ rivolgimenti della patria; le quali narrando i travagli della casa, più concitavano l’ira de’ principi.

Così sdegnosi vennero in Napoli, tra feste popolari e sontuose quanto non comportava la povertà dell’erario. Il re e la regina mostravano piglio severo, nunzio degli imminenti rigori: e gli spettatori, avversi o inclinevoli alle nuove dottrine della Francia, non vedevano in quelle feste ragionevole argomento di piacere; fu dunque gioja per la sola plebe la quale non disturba per antiveder di sventura le presenti allegrezze. Dopo alquanti dì, nella reggia si consultarono materie di stato; benchè i consiglieri fossero parecchi, una fu la sentenza, quella medesima che stava in animo alla regina: guerra alla Francia ed austera disciplina de’ sudditi. I ministri partirono le cure. Subito negli arsenali si congegnarono altre navi da guerra; provveduti nell’interno e dall’estero legnami, canapi, metalli infiniti; e fonder cannoni, fabbricar carretti, cassoni, altri difizii di campo; le armerie accresciute formar dì e notti armi e nuove; i fochisti ordinati a compagnie militari fabbricar polveri ed artifizii; venivano di ogni parte del regno, vesti, arnesi, calzari, e molti fanti coscritti dalle comunità, molti cavalieri dai feudi, molti volontarii per grosso ingaggio; andavano i vagabondi alle milizie, passavano i prigioni dalle carceri e dalle galere alle armi; accorsero agli stipendii altri Svizzeri e dalmati nuovi; e forestieri di grado, come i principi d’Hassia Philipstad, di Wittemberg, di Sassonia, tutti e tre di sangue regio; i preti, i frati, i missionari predicavano gli odii contro la Francia da’ pergami, li persuadevano da’ confessionali. E perciò tutte le arti, tutte le menti, le braccia, le persone, servivano al proponimento di guerra, studii inusitati e molesti.

II. E ciò fatto, provvide il governo alla sicurezza dell’imperio per modi palesi e celati. La polizia ebbe commissario vigilatore e giudice, con seguaci e guardie, in ogni rione della città, e sopra tutti, col nome antico di reggente della vicaria, il cavaliere Luigi de’ Medici, giovine scaltro, ardito, ambizioso di autorità e di favore. Altri ministri spiavano in secreto le opere o i pensieri dei soggetti, chi ne pubblici luoghi, e chi nel secreto delle case. La regina guidava que’ maneggi, conferendo con le spie a notte piena, nella sala chiamata Oscura della reggia; ed onestando l’arte infame col nome di fedeltà, non la disdegnavano i magistrati, i sacerdoti, i nobili, tra quali fu sospettato la prima volta Fabrizio Ruffo principe di Castelcicala, non bisognoso di opere malvage perchè ricco del proprio, ed agevolato alle ambizioni dal grado di principe; ma vi era spinto (dicevano) da rea natura. Il clero, viste le sventure della chiesa di Francia, sperando il riacquisto della perduta poten-