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168 LIBRO TERZO — 1796.

parte i soldati con voglia tanto pronta che la diresti da repubblica non da signoria. E quando l’esercito fu pieno, andarono trentamigliaja ne’ campi ed alloggiamenti della frontiera per guardia e minaccia. La difesa del regno divenne studio comune; ma essendo in quel tempo scarse e rare per noi le cognizioni di guerra, variavano le opinioni e i disegni. Divise le cure tra i capi della milizia, altri provvedendo ad una parte della frontiera, altri ad altra, si moltiplicavano le opere e le spese, vagavano infinite idee sopra infiniti punti; mancava il concetto universale di quella guerra. Ed oltracciò traendo regole dalla storia più che dall’arte, temevano il nemico dalle sponde del Liri, non da’ monti degli Abruzzi, e disponevano i campi e munimenti così che la parte meglio guardata fosse quella del fiume. Ma non mi arresto a questi errori però che il regno per altre sventure fu vinto. Molti soldati raccolti sopra piccoli spazii, poca scienza, nessun uso di milizie, amministratori nuovi, nuovi uffiziali, generali stranieri, componevano l’esercito; e la inespertezza universale ingenerò molti mali, de’ quali gravissimo un morbo radicato ne campi. A distanze grandi sul Garigliano e sul Tronto, il soldati infermavano di febbre ardente che al settimo e più spesso al quinto giorno apportava la morte; il vicino n’era preso come il lontano, purchè dimorassero ne’ campi o nelle stanze de’ soldati; non era conosciuta la natura del male, non la virtù de rimedii; rimedii opposti del pari nocevano; pareva febbre incurabile. Nè bastando allo impreveduto disastro gli ospedali antichi, nè fatti i nuovi, stando gli infermi confusi a’ sani, la malattia dilatando in ogni parte, uccise diecimila soldati; lo zelo dei popoli, iniquamente rimunerato dalla fortuna, intiepidì.

XXIII. Insieme al bando di guerra, altro regio editto decretava reo di morte chi all’appressar del nemico ne ricevesse lettere o imbasciate; e chi a lui ne mandasse, chi gli giovasse, o eccitasse tumulti; le adunanze sol di dieci uomini punite come delitti di maestà; ed altre asprezze o sollecitudini, quasi il nemico stesse alle porte. Il procedimento in que’ giudizii, ad Horas: le pruove facili, però che bastanti le affermazioni di tre, anche denunziatori o correi che rivelassero per benefizio d’impunità; il convincimento nella coscienza del magistrato; magistrato la giunta; le sentenze inappellabili e nel giorno istesso eseguite. Furono cagione all’editto le battaglie vinte in Italia dal general Bonaparte, la confederazione spezzata tra l’Austria e ’l Piemonte, l’armistizio indi la pace col re di Sardegna, la espugnata Milano, le debellate città; tutte le maraviglie del giovine guerriero; sventure del generale Beaulieu, cui obbedivano con gli Alemanni quattro reggimenti di cavalleria napoletana. Il quale Beaulieu, inattesamente assalito e rotto sul Mincio, stentò a ritirar l’esercito nelle strette del Tirolo; e quella istessa