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192 LIBRO TERZO — 1798.

per argomento d’intrepidezza, mostrate all’araldo le fortificazioni, le armi, il presidio, la pienezza de’ magazzini, gli disse: «Fortezza cosi munita e provveduta non si arrende.» Il nemico a quelle ambasciate raddoppiò le apparenze di guerra; ed alle apparenze il comandante, deposto il bello ardire, alzò bandiera di pace, e donò al vincitore la fortezza integra e salda, sessanta grossi cannoni di bronzo, dieci di ferro, quattro mortari, altre armi, polvere, vestimenti, vettovaglie e millenovecento soldati prigionieri. Era comandante il colonnello Pricard, straniero ancor egli, accetto e fortunato come voleva nostra misera condizione e il dispregio ver noi de’ nostri principi.

Mentre Duhesme operava le dette cose, il generale Mounier correva malagevole sentiero che mena, traversando i monti di Teramo, a Civita di Penna; e il generale Rusca, sentiero peggiore, per andare ad Aquila e Torre di Passeri; non temevano pericoli da nemico fuggitivo. ma il generale Lemoine giunto a Popoli, trovò in ordinanza forte schiera di Napoletani, e venuti a combattimento, morto il generale francese Point, stava incerta la vittoria, quando il nostro malo destino fece sorger voce di tradimento nelle file napoletane, che nel miglior punto della battaglia lasciarono il campo, e per Isernia e Bojano rifuggirono confusamente a Benevento. Così procedevano le cose negli Abruzzi, mentre l’ala diritta de’ Francesi sotto il general Rey per le Paludi Pontine, e il general Macdonald per Frosinone e Ceperano, venivano senza contrasto nel regno. Il re di Napoli, perduta speranza che i Francesi occupati nel Piemonte, minacciati nella Lombardia, pochi di numero, non si avventurassero a lontana spedizione; sentite le perdite degli Abruzzi, impose a’ popoli guerra nazionale sterminatrice. Aveva il bando data di Roma l’8 del dicembre, benchè più tardi fosse scritto in Caserta; e diceva: «Nell’atto che io sto nella capitale del mondo cristiano a ristabilire la santa chiesa, i Francesi, presso i quali tutto ho fatto per vivere in pace, minacciano di penetrare negli Abruzzi. Correrò con poderoso esercito al esterminarli; ma frattanto si armino i popoli, soccorrano la religione, difendano il re e padre che cimenta la vita, pronto a sacrificarla per conservare a’ suoi sudditi gli altari, la roba, l’onore delle donne, il viver libero. Rammentino l’antico valore. Chiunque fuggisse dalle bandiere o dagli attruppamenti a masse, andrebbe punito come ribelle a noi, nemico alla chiesa ed allo stato.»

Fu quello editto quanto voce di Dio; i popoli si armano; i preti, i frati, i più potenti delle città e de’ villaggi li menano alla guerra; e dove manca superiorità di condizione, il più ardito è capo. I soldati fuggitivi, a quelle viste fatti vergognosi, unisconsi a’ volontari; le partite, piccole in sul nascere, tosto ingrandiscono; e in pochi