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LIBRO QUARTO — 1799. 211

vano governo provvisorio, diviso in sei parti, detti comitati, i quali prendevano il nome dagli uffizii, Centrale, dello Interno, della Guerra, della Finanza, della Giustizia e Polizia, e della Legislazione. Quindi andò con pompa militare, accompagnato da gente infinita e festosa, in san Lorenzo, casa di onorate memorie per la città; e nella gran sala, dove giù stavano i governanti, egli da seggio nobilissimo così parlò:

«Cittadini! voi reggerete la repubblica napoletana temporaneamente; il governo stabile sarà eletto dal popolo. Voi medesimi, costituenti e costituiti, governando con le regole che avete in mira per il novello statuto, abbrevierete lo stento che apportano le nuove leggi; e per questo pubblico benefizio vi ho affidato ad un tempo i carichi di legislatori e di reggenti. Voi dunque avete autorità sconfinata, debito uguale; pensate ch’è in vostre mani un gran bene della vostra patria, o un gran male, la vostra gloria, o il disonore. Io vi ho eletto, ma la fama vi ha scelto; voi risponderete con la eccellenza delle vostre opere alle commendazioni pubbliche, le quali vi dicono dotati di alto ingegno, di cuor puro e amanti caldi e sinceri della patria.

Nel costituire la repubblica napoletana, agguagliatela, quanto comportano bisogni e costumi, alle costituzioni della repubblica francese, madre delle repubbliche nuove e della nuova civiltà. E nel reggerla, voi rendetela della Francese amica, collegata, compagna, una medesima. Non sperate felicità separati da lei; pensate che i suoi sospiri sarieno vostri martorii; e che s’ella vacilla, voi cadrete.

L’esercito francese, che per pegno della vostra libertà ha preso nome di esercito napoletano, sosterrà le vostre ragioni, ajuterà le opere vostre o le fatiche, pugnerà con voi o per voi. E difendendovi, noi dimandiano null’altro premio che L’amor vostro.»

II. La sala era piena di popolo. Al bel discorso udironsi plausi ed augurii all’oratore, alla repubblica francese, alla napoletana; e furono viste su gli occhi a molti lacrime di tenerezza e di contento. Declinato il romore, uno de’ rappresentanti, Carlo Laubert, napoletano, già cherico dell’ordine degli Scolopii, fuggitivo per libertà in Francia, tornato con l’esercito, rispose:

«Cittadino generale, certamente dono della Francia è la nostra libertà, ma istrumenti del benefizio sono stati l’esercito e ’l suo capo; con minor valore, o minor sapienza, o minor virtù, voi non avreste vinto esercito sterminato, dispersi popoli di furor ciechi, espugnate le rocche, superato il disagio del cammino e del verno. Sieno perciò da noi rese grazie alla repubblica francese;