Pagina:Storia del reame di Napoli dal 1734 sino al 1825 I.pdf/223

Da Wikisource.

LIBRO QUARTO — 1799. 213

dassero buone leggi, statuti, oratori, tutti i sostegni e gl’incitamenti alla virtù; ma le infingarde, avevano tollerato che le armi cadessero.

Perciò in voi più che in noi stanno le speranze di libertà. Il governo provvisorio, nel dirsi legittimo e costituito intende da questo istante a’ debiti suoi, e voi, strenui giovani, correte da questo istante a’ debiti vostri, date ì vostri nomi alle bandiere di libertà, che ravviserete da’ tre colori.»

L’adunanza sciolta, succederono alla contentezza pubblica molte private; il generale Championnet, che abitava la già casa de’ re, allora della nazionale, convitò i primi dell’esercito e i maggiori del governo e della città; altri de’ rappresentanti bandirono altri conviti; gioja più grande fu nelle case di coloro che avevano patito dalla tirannide e per fino nella plebe si videro feste, e si udirono voti per la repubblica. Solamente mancavano a’ conviti ed alla gioja i parenti degli uccisi per causa di maestà; più compianti e ammirati perchè lontani. E in quel giorno stesso gli editti del governo correvano le province, avvisando le succedute cose, e dando provvedimenti di stato. Fu prescritto che sino agli ordini nuovi reggessero gli antichi, uniformati alle regole generali di repubblica; e che rimanessero temporariamente le medesime autorità, i magistrati, gli uffizii. Però cessato il timore di alcun danno, terminata la guerra; volendo le province imitare la città capo dello stato, ogni paese, ogni terra diede segni di giubilo. Nel giorno appresso, con cerimonia da baccanti più che cittadina, alzarono nelle piazze di Napoli gli alberi di libertà, emblemi allora di reggimento repubblicano; tra calde orazioni, danze sfrenate, giuramenti e nozze come in luogo sacro. E finalmente il generale Championnet con solenne pompa, conducendo seco altri generali ed uffiziali dell’esercito, andarono al duomo per rendere grazie della finita guerra, adorarne le reliquie di san Gennaro, e invocar favori al nuovo stato. Tutto nella chiesa e nella cappella era preparato per la sacra funzione; e popolo infinito stava intento a riguardare le ampolle per trarne augurio di felicità o di sventure. Ma compiuto il miracolo in più breve tempo che ogni altra volta, il generale offrì al santuario mitria ricca d’oro e di gemme; gli uffiziali stettero devoti e come credenti a’ misteri; e la plebe stimò que’ mutamenti di stato voler di Dio.

III. Compiute le feste e chetato il romore della novità, la mente di ognuno, riposata, si fissò alle succedute cose per trarne regole di ambizione e di vita. La quale istoria morale del popolo, compagna e precorritrice della storia dei fatti, voglio esporre in questo luogo come chiarimento delle cose mirabili che narrerò. La libertà politica era scienza di pochi dotti, appresa dai libri moderni e dalle