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218 LIBRO QUARTO — 1799.

tore d’ogni gente straniera, il quale, sconoscendo le forme di ambasceria, fattosi oratore di circostanza, così disse: «Tu, cittadino generale, hai presto scordato che non siamo, tu vincitore, noi vinti; che qui sei venuto non per battaglie e vittorie, ma per gli ajuti nostri e per accordi; che noi ti demmo i castelli; che noi tradimmo, per santo amore di patria, i tuoi nemici; che i tuoi deboli battaglioni non bastavano a debellare questa immensa città; nè basterebbero a mantenerla, se noi ci staccassimo dalle tue parti. Esci, per farne prova, dalle mura, e ritorna se puoi; quando sarai tornato, imporrai debitamente taglia di guerra, e ti si addiranno sul labbro il comando di conquistatore, e l’empio motto, poichè il piace, di Brenno.» Il generale accommiatando la deputazione, disse: risolverebbe. Nacquero da quel punto in lui sospetti, e nei repubblicani disamore a’ Francesi.

Il generale, al vegnente giorno, confermando le taglie, ordinò il disarmamento del popolo; uomini fatti liberi e disarmati sono il dileggio della libertà. Solamente si permetteva la composizione delle guardie civiche; prescrivendo che fossero scelti a quell’onore i patriolti più chiari e più fidi; sì che il governo emanò legge tanto stretta, che pochi cittadini entravano nelle milizie armate, molti nel ruolo dei tributarii: nella città di Napoli quattro sole compagnie, seicento uomini, erano gli scelti; innumerevoli i taglieggiati, la legge, invalida per forza d’armi o per sentimento di libertà, parve finanziera ed avara. La stessa prudenza o sospetto del generate francese, e le sentenze dei dottrinarii napoletani facevano trasandare le milizie stipendiate; essere soldati in repubblica, dicevano i dottrinarii, tutti gli uomini liberi; essere gli eserciti mercenarii stromento di tirannide; Roma, quando veramente libera, conscrivere i combattenti ad occasione di guerra; non mancar guerrieri alle repubbliche: ed altre loquacità di tribuna, o dottrine di fantastiche virtù. Correvano le strade accattando il vivere buon numero di Dalmati, già soldati del re, abbandonati su questa terra straniera; correvano le province, vivendo d’arti peggiori, le già squadre degli armigeri baronali, delle udienze, dei vescovi, e grande numero dei soldati mantenuti sino allora dagli stipendii della milizia. Era dunque facile formare nuovo esercito di venticinquemila soldati, e trarre da’ pericoli della patria venticinque migliaja di bisognosi e predoni. Ma la repubblica vergognava di essere difesa da genti straniere o venali, ed aspettava il giorno della battaglia per battere dei calcagni la terra e vederne uscire guerrieri armati.

VI. Soprastava male più grande; la penuria. I raccolti dell’anno precedente furono scarsi; la guerra esterna e la civile avevano consumato immensa quantità di grano; la grassa Sicilia ricusava di mandarne, e le navi che scioglievano da’ porti della Puglia e della