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230 LIBRO QUARTO — 1799.

alleati; egli nascondeva a sè medesimo i proprii torti; la regina ed Acton onestavano per il tradimento i falli di governo; Mack in un lungo scritto copriva i suoi mancamenti con quelli dell’esercito; i fuggitivi dal campo scusavano per lo stesso trovato le loro colpe; il capitano generale Pignatelli accusava traditori gli eletti della città, I Sedili, la più parte de’ nobili. Cosicchè non altro udivasi nella reggia che tradimenti, traditori, pene future e vendette.

Ma le vecchie principesse di Francia giunte in Palermo narrando le scene di Taranto dicevano vere e grandi le mosse popolari nella Puglia; mentre gli uffiziali inglesi, mandati sopra navi, esploratori delle nostre marine riferivano le cose istesse. Tenuto consiglio, fu deciso secondare quei moti; e poichè tra’ consiglieri mostravasi ardente per la guerra il cardinale Fabrizio Ruffo, il re gli diede carico di andare in Calabria ne’ feudi della casa; vedere, sentire lo stato della provincia, e secondo i casi avanzarsi nel regno o tornare in Sicilia; il grado, il nome, la dignità gli sarebbero ajuto all’impresa, e scudo contro la malvagità de’ nemici. Andò voglioso con pochi seguaci, meno danaro, autorità senza limiti, larghe promesse, Fabrizio Ruffo, nato di nobile ma tristo seme, scaltro per natura, ignorante di scienze o lettere, scostumato in gioventù, lascivo in vecchiezza, povero di casa, dissipatore, prese ne’ suoi verdi anni il ricco e facile cammino delle prelature. Piacque al pontefice Pio VI, dal quale ebbe impiego supremo nella camera pontificia; ma per troppi e subiti guadagni, perduto uffizio e favore, tornò dovizioso in patria, lasciando in Roma potenti amici acquistati, come in città corrotta, co’ doni e i blandimenti della fortuna. Dimandò al re di Napoli ed ottenne la intendenza della casa regale di Caserta; indi tornato nelle grazie di Pio, fu cardinale, andò a Roma, e là restò sino al 1798, quando per le rivoluzioni di Roma prese in Napoli ricovero, e poco appresso in Palermo seguendo il re.

XV. Giunto nel febbrajo di quell’anno 1799 al lido di Calabria, essendosi prima inteso coi servi e gli armigeri della sua casa, decorato della croce e de’ segni delle sue dignità, sbarcò in Bagnara dove fu accolto riverentemente dal clero e da’ notabili, e con pazza gioja dalla plebe. Divolgato l’arrivo e ’l disegno, accorsero da’ vicini paesi torme numerose di popolani guidate da gentiluomini e da preti o frati, che quendo videro andar capo un porporato non isdegnarono quella guerra disordinata e tumultuosa. Il colonnello Winspeare già preside in Catanzaro, l’auditore Angelo Fiore, il canonico Spasiani, il prete Rinaldi, e insieme a costoro numero grande di soldati fuggitivi o congedati, e di malfattori che poco innanzi correvano da ladri le campagne, e di malvagi usciti ne' tumulti delle carceri, si offrirono guerrieri per il re; ed il cardinale, viste le prime fortune, pubblicato il decreto che lo nominava