Pagina:Storia del reame di Napoli dal 1734 sino al 1825 I.pdf/244

Da Wikisource.
234 LIBRO QUARTO — 1799.

della linea di operazione tra Romagna e Napoli, e dalle fortezze di Civitella e Pescara, tumultuavano in se stessi con fortuna poca e varia. Le province di Avellino e di Salerno restavano soggiogate nel passaggio delle colonne di Puglia e di Calabria: la Basilicata, serrata dalle colonne istesse, quieterebbe. I nemici da sconfiggere erano dunque Ruffo e de Cesare.

Delle due colonne fu maggiore per numero ed arte quella di Puglia, onde presto ricuperare le province granajo impedite a mandar vettovaglie, da’ borboniani per terra, dagl’Inglesi per mare, all’affamata capitale. Il generale Duhesme fu eletto capo di quella schiera che numerava seimila Francesi, e mille o poco più Napoletani, retti da Ettore Caraffa, conte di Ruvo. Il quale, della nobile stirpe de’ duchi d’Andria, primo nato ed erede della casa, libero per natura, chiuso l’anno 1796 nelle prigioni di Sant’Elmo, fuggì con l’uffiziale che lo custodiva, e tornò in patria nello esercito di Championnet; dedito alle armi ed alle imprese più audaci, spregiatore de’ pericoli e di ogni cosa (uomini, numi, vizii, virtù) che fosse intoppo ai suoi disegni; strumento potentissimo di rivoluzione. L’altra schiera, quella destinata per le Calabrie, forte di miladuecento Napoletani, che sarebbe nel cammino afforzata de’ patriotti fuggitivi dal cardinal Ruffo, aveva per capo Giuseppe Schipani, nato Calabrese, militare dimesso dal grado di tenente, perspicace, ignorante, elevato all’altezza di generale della repubblica perchè settario caldissimo e valoroso. La prima schiera, soggiogate le Puglie, volgerebbe alle Calabrie; bastava che la seconda contenesse l’esercito dalla Santa Fede; cosicchè scopo dell’una era il vincere, dell’altra il resistere. Gli ordini scritti del governo palesavano l’animo pietoso de’ governanti, confidando più che nella guerra nella mostra dell’armi, nella modestia de’ capi, nella disciplina de’ soldati, nella magnanimità del perdono. Sensi sconvenevoli a repubblica nascente, che succede ad invecchiate pratiche di schiavitù.

Schipani, traversando Salerno ed Eboli, avvicinandosi a Campagna, Albanella, Cotrone, Postiglione, Capaccio, tutte città o terre amiche, vide bandiera borbonica sul campanile di Castelluccia, piccolo villaggio in cima di un monte al quale ascendesi per sentieri alpestri; e benchè gli fossero scopo la Calabria e ’l Cardinal Ruffo, egli preso di sdegno, volse cammino al paese ribelle; scegliendo delle tre strade, a scherno d’impacci, la più difficile. I borboniani dall’alto, vedendosi assaliti da milizie ordinate, con artiglierie trasportate sopra muli, trepidarono; e tenuto consiglio tumultuariamente nella chiesa, stabilivano di arrendersi. Ma colà stando a ventura il capitano Sciarpa, biasimata la codardia, disse che se fosse necessità cedere il luogo, si cedesse a patti di tornare volontari sotto l’impero della repubblica; ma vietando alle genti