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vita del colletta. 15

zione de’ maggiori avvenimenti della Francia sarebbe a’ presenti grato ricordo e giovevole saputa a’ posteri.

“.... Mi resta un dubbio. Andando la civiltà rapidamente, molti miei voti o speranze o timori registrati nella Storia quando io scriveva, dall’anno 23 al 30, pronostici allora, oggi ch’è l’anno 31 sono avverati o svaniti; l’opera è tuttora in manoscritto: io, giovandomi delle succedute cose, doveva, o no, aggiustare le sentenze e rendere il mio giudizio maraviglioso come presago dell’avvenire? Avrei vergognato meco stesso della temerità, e con voi tre (quasi mia fama e mio universo) che avete letto in primo abbozzo i miei libri....”

La composizione delle Storie faceva al Colletta men duro l’esilio; sì ch’egli benediceva il cielo d’avergli ispirato quel pensiero, e al cielo chiedeva gli prolungasse la vita tanto che bastasse a compir l’opera e a vederla pubblicata, correndo volonterosamente incontro a’ pericoli di quella pubblicazione, La metà del voto fu sola esaudita, e Dio forse volle toglierlo nell’inferma vecchiezza a nuovi dolori. Piacevasi nel soggiorno di Toscana, spesso dimorando in villa, e nei mesi freddi cercando in Livorno un clima più somigliante al nativo. Contento nella mediocrità, viveva con parsimonia: chè dai tanti uffizii esercitati era uscito quasi povero; e i doni del re Gioacchino, rimasti senza difesa ne’ patti di Casalanza, il re Ferdinanndo li aveva ritolti, Ma stavano a ricompensa dell’onorata sua vita affetto caldo de’ buoni, e la riverenza in che era tenuto dall’universale; e negi affanni lo consolavano le cure pietose de’ parenti e le dolcezze dell’amicizia. Questi conforti non mai l’abbandonarono sino all’estremo suo fiato. Morì in Firenze agli 11 di novembre del 1831. Ebbe sepoltura in una cappelletta accanto alla villa Varamista, sulla via che da Firenze conduce a Pisa.