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LIBRO QUARTO — 1799. 245

di Castellamare; incendii infami a chi li causò, a chi li accese, perchè non da mira di buona guerra ma da feroce insazietà di vendetta.

Il generale Vatrin, più spietato, uccise tre migliaja di nemici; non perdonò a’ prigioni se non militari di ordinanza; e serbò alcuni borboniani sol per farli punire da’ tribunali con tremenda esemplarità. Mandò in Napoli a trionfo quindici cannoni tolti in battaglia, tre bandiere, una del re Giorgio d’Inghilterra, due del re Ferdinando di Sicilia, e lunga fila di prigionieri siciliani, inglesi, napoletani. Le città rivoltate, tornando all’impero della repubblica, pagarono grosse taglie al vincitore.

XXV. Ma il giorno di abbandonare a se stessa la repubblica Partenopea essendo giunto, il generale Macdonald venne di Caserta in Napoli, ed a’ governanti adunati a riceverlo disse: non essere appieno libero uno stato se protetto dalle armi straniere, nè poter la finanza napoletana mantener l’esercito francese; nè di questo aver bisogno se la parte amante di libertà vorrà combattere le disgregate bande della santa fede. E perciò, ch’ ei lasciando forti presidii a Santelmo, Capua e Gaeta, si partirebbe col resto dell’esercito a rompere (sperava) i nemici delle repubbliche, scesi in Italia confidando meno nelle armi che nelle discordie italiane o nelle sue lunghe pratiche di servitù; e che facendo voti di felicità per la repubblica Partenopea riferirebbe al suo governo quanto il popolo napoletano era degno di libertà; che altro è popolo, altro è plebe; e questa sola non quello, sotto le bandiere del tiranno, combatteva per il servaggio, pronta ella stessa a mutar fede come gente ingorda di guadagni e di furto. E poi che i rappresentanti ebbero risposto sensi amichevoli ed auguranti, egli prese commiato e tornò al campo. Fu gioja (incredibile a dire) ne’ partigiani della repubblica, i quali, semplici e buoni, sembrando a loro impossibile che spiacesse ad uomini la libertà, credendo che le ribellioni e la guerra derivassero dalle soperchianze, le imposte, la superbia de’ conquistatori, andavano certi che al pubblicarne la partita si sciorrebbero le torme della santa fede, o pochi resti di quella parte fuggirebbero svergognati in Sicilia. Perciò dicevasi che il principe di Leporano, brigadiere negli eserciti regii, militante sotto il cardinale, disertata quella insegna, era passato a’ repubblicani, ed aveva imprigionato il suo capo; ed erano rimasti soli o con pochi Sciarpa, frà Diavolo, Pronio: ed altre simili a queste voci bugiarde.

Frattanto a’ dì 7 di maggio, levato il campo di Caserta, mosse l’esercito francese diviso in due; l’uno guidato da Macdonald per la via di Fondi e Terracina col gran parco di artiglierie e con le bagaglie, l’altro sotto Vatrin per Sangermano e Ceperano. E nel tempo stesso il generale Coutard comandante negli Abruzzi, raccolte le squadre, andava per le vie più brevi nella Toscana, confidando