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LIBRO QUARTO — 1799. 259

battere quelle trincere alzate, non per suo comando, per foga dei soldati. I repubblicani riconsultando, passate a rassegna e cadute le speranze maggiori, prolungar l’assedio sino all’arrivo degli ajuti stranieri, o vincere all’aperto, o farsi varco tra nemici per unirsi ai Francesi di Capua; vedendo facile il morire, impossibile la vittoria; e volendo serbar sè stessi e mille e mille ad occasioni più prospere per la repubblica, distesero in un foglio le condizioni di pace, ed elessero negoziatore lo stesso general Massa che aveva sostenuto nei congressi la opinione per gli accordi. Oronzo Massa, di nobile famiglia, ufficiale nei suoi verdi anni di artiglieria, volontariamente ritirato quando il governo, l’anno 1795, volse a tirannide, si offrì soldato alla repubblica, e fu generale; facondo, intrepido e di sensi magnanimi. A mal grado accettò il carico, ed uscendo dalla casa del direttorio, incontrando me, che scrivo, nella piazza del forte, mi disse a quale uffizio egli andava, soggiugnendo: «I patti scritti dal direttorio sono modesti, ma il nemico per felicità superbo non vorrà concedere vita e libertà ai capi della repubblica; venti almeno cittadini dovranno, io credo, immolarsi alla salute di tutti, e sarà onorevole al direttorio ed al negoziatore segnare il foglio dove avremo pattovite per il vivere di molti le nostre morti.»

XXXVII. Convennero nella casa del cardinale i negoziatori. E poichè il direttorio avea dichiarato che non confiderebbe nel solo re Ferdinando e nel suo vicario, fu necessità unire al trattato i condottieri de’ Moscoviti e de’ Turchi, l’ammiraglio della flotta inglese, il comandante Megèan. Parvero al cardinale troppo ardite le dimande de’ repubblicani; ma per i discorsi del general Massa, non audaci, sicuri, e per i proponimenti terribili ch’egli svelava, usar degli statichi alle maniere antiche, abbattere, bruciare le case della città, ripetere l’eroismo di Vigliena in ogni castello, in ogni edifizio, dechinò la superbia del porporato; il quale, mormorando co’ suoi ch’egli avrebbe rimproveri dal re se trovasse in rovina Napoli sua, chiese che tolti dal trattato i concetti e le parole oltraggiose alla dignità regale, scenderebbe a’ preteti patti. E aderendo il general Massa, fu scritta la pace in questi termini:

«1°. I castelli Nuovo e dell’Uovo, con armi e munizioni, saranno consegnati a’ commissarii di S. M. il re delle due Sicilie e de suoi alleati l’Inghilterra, la Prussia, la Porta Ottomana.»

«2°. I presidii repubblicani de’ due castelli usciranno con gli onori di guerra, saranno rispettati e garentiti nella persona e ne’ beni mobili ed immobili.»

«3°. Potranno scegliere d’imbarcarsi sopra navi parlamentarie per essere portali a Tolone, o restare nel regno, sicuri d’ogni inquietudine per sè e per le famiglie. Daranno le navi i ministri del re.»