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LIBRO QUARTO — 1799. 261

moni e le vele, gettate le ancore, messe le guardie, trasformate le navi a prigioni, di che gl’imbarcati, maravigliando e temendo, chieste spiegazioni all’ammiraglio Nelson, il vincitore di Aboukir non vergognò cassare le capitolazioni, pubblicando editto del re Ferdinando che dichiarava: «I re non patteggiare co’ sudditi; essere abusivi e nulli gli atti del suo vicario; voler egli esercitare la piena regia autorità sopra i ribelli.» E dopo quel bando andarono alle navi commissarii regii per trarne i disegnati (ottantaquattro) che a coppie incatenati, e a giorno pieno per le vie popolose della città, furono menati con spettacolo misero e scandaloso alle prigioni di quei medesimi castelli ch’essi poco innanzi, ora gl’Inglesi guernivano. Altri degli imbarcati non eccitando, per la oscurità de nomi e de’ fatti, la vendetta di que’ superbi, o bastando a vendetta l’esilio, andarono su le navi medesime a Marsiglia. Il conte di Ruvo, cedute le fortezze di Pescara e Civitella, e venuto con altri parecchi del presidio ad imbarcarsi, com’era statuito nei patti della resa, furono menati spietatamente nelle carceri. Alle quali pruove di crudeltà e d’ingiustizia, i borboniani, i lazzari, le torme della santa fede, già impazienti e sdegnosi de’ trattati e degli editti di pace del cardinale, ora scatenati tornarono alle mal sospese ferità; ed il Ruffo, timoroso di que’ tristi e della collera del re, taceva o secondava.

XXXIX. Cederono l’un dietro l’altro solto finte di assedio, Santelmo, Capua, Gaeta. Comandava Santelmo, come innanzi ho detto, il capo di legione francese Megean che da più giorni mercanteggiava la resa del castello; ed è fama non contraddetta che l’avidità di lui, scontentata dalle tenui offerte di Ruffo, si volgesse per patti migliori agl’Inglesi; ma, ributtato, fermò col primo; e stabilirono:

Rendere il castello a S. M. siciliana e suoi alleati; esser prigioniero il presidio, ma tornando in Francia sotto legge di non combattere sino al cambio; uscir dal forte con gli onori di guerra; consegnare i sudditi napoletani, non a’ ministri del re, ma degli alleati.

Ed al seguente giorno, consegnato il castello, uscendone il presidio, furono visti i commissarii della polizia borbonica correre le file francesi, scegliere e incatenare i soggetti napoletani; e dove alcuno sfuggiva la vigilanza di que’ tristi, andar Megean ad indicarlo. Erano uffiziali francesi, benchè nascessero nelle Sicilie, Matera e Belpulsi; e pur essi vestiti della divisa di Francia, furono dati a sbirri di Napoli. I ministri de’ potentati stranieri, come che presenti, tacevano; mancando a’ patti della resa, i quali ponevano que’ miseri nella potestà degli alleati. Era tempo d’infamie.