Pagina:Storia del reame di Napoli dal 1734 sino al 1825 I.pdf/286

Da Wikisource.
276 LIBRO QUINTO — 1799.

zione dei beni de’ ribelli furono preposti Uomini spietati, che in quei bisogni dell’erario incassavano le entrate, vendevano i beni, trasandavano il sostenimento delle famiglie. La vecchia principessa della.... (mi sia concesso in questa età velarne il nome) viveva poveramente per la carità di un servo.

VII. Cominciò il processo della Sanfelice, di quella donna che fu cagione dello scoprimento della congiura di Baker. Il giovine Ferri era morto in guerra, o fuggito in Francia, ed i congiunti degli uccisi Baker dimandavano vendetta a’ tribunali di stato e nella reggia; che non baslando a consolarli tutto il sangue che si versava per la monarchia, ne chiedevano per la famiglia. La misera donna, vergognosa dell’offesa pudicizia (che pure il corrotto secolo perdona), fu menata in orrendo carcere, e per la legge che diceva reo di morte chi avesse mostrata empietà in pro della repubblica, fu ella condannata a morire; e subito moriva se non diceva di esser gravida. Osservata e creduta, fu sospeso il supplizio. ed allora il re da Palermo ne rimprocciò per lettere la giunta, dicendo inventata la scusa e sedotti gli esperti; e quando per secondo esame si confermò il primo avviso, comandò che la donna fosse menata in Sicilia per essere osservata dai medici della casa; ma in Palermo, accertata la gravidanza, fu chiusa in carcere aspettando il primo giorno di vita per la prole, ultimo per la madre.

Altro processo di’grido riguardava gli uffiziali della marina: l’ammiraglio Caracciolo era spento; ma una morte non consolando i molti sdtegni prodotti dalle guerre di Procida, di Castellamare, del Ponte della Maddalena, la regina comandò da Palermo che la giunta scegliesse quattro de’ più felloni per farli morire; mandasse gli altri a pene minori, compiesse ormai quel processo, troppo lungamente trattenuto, con grave danno dell’esempio, e lamentanze de’ fedeli servi del re. L’infame congresso, consultando, disegnò le vittime, tra le quali il capitano Sancaprè tenuto nelle prigioni di Santo Stefano, isola presso Gaeta. Prefisse il giorno per il giudizio, i venti tardavano arrivo all’isola della nave ed il ritorno col prigioniero; ma non però fu contraddetta la volontà della regina o differita la sentenza, imperciocchè gl’iniqui giudici surrogarono al fortunato Sancaprè il capitano Luigi Lagranalais che per le prime condanne andava in bando. Nè fu quello il solo esempio di servile obbedienza. Flavio Pirelli egregio magistrato, imprigionato, e per dimostrata innocenza fatto libero dalla giunta, andò per lettere del re a perpetuo confino in Ariano; Michelangelo Novi condannato al bando dalla giunta, fu chiuso, per comando venuto da Palermo, in ergastolo a vita; Gregorio Mancini sbandito per quindici anni, già preso commiato dalla moglie e da’ figli, e in nave per partire, trattenuto per nuovi ordini del re, morì al seguente giorno su le forche.