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284 LIBRO QUINTO — 1799.

chi resta su la fede de’ trattati, starà sicuro. Voi rassegnatevi alle nuove sorti; obbedite alle autorità che imperano.» E Bourcard annunziava con editto che sarebbero mantenute le capitolazioni, obliati i fatti della repubblica, punite solamente le nuove colpe ma con asprezza. Fossero le armi deposte e consegnate, sciolte le compagnie di guardia urbana, dissipati i segni della repubblica.

XII. Ai 30 di settembre uscivano di Roma le milizie francesi, entravano le napoletane; dietro alle prime molti Romani fuggitivi, e alle seconde stuoli della santa fede. Frattanto nella notte furono abbattuti gli alberi della libertà, e si videro nel giorno innumerevoli divise sacerdotali sino allora nascoste. Sopra il castello Santangelo e su le case pubbliche fu innalzata la bandiera di Napoli, ed alle porte chiuse del Vaticano e del Quirinale apposti i sigilli regii: l’impero pontificale non aveva segno. Un solo albero di libertà stando ancora elevato nella piazza del Vaticano, volle il generale Boureard atterrarlo con pubblica cerimonia; e atterrato, bruciarlo, e bruciato, dissiparne le ceneri. Ma la festa girò in tumulto, imperciocchè a quegli atti di odio e di vendetta della suprema autorità, destati gli odii e le vendette dei popolani trascinarono per la città il busto in marmo di Bruto, percossero molti partigiani di repubblica, spogliavano le case, rubavano per le strade; sino a che, sciogliendo la cerimonia dell’albero, le milizie schierate a mostra nel Vaticano non corsero a pattuglie la città e vi tornarono la quiete.

L’impero di Bourcard presto cadde nel generale Diego Naselli, principe di Aragona, venuto, di Napoli nell’ottobre col carico e il nome di comandante generale militare e politico negli stati di Roma, e udita in que’ medesimi giorni la morte di Pio VI, e perciò vacante la sedia pontificale, si aspettavano le prime voci dell’autorità dell’Aragona rimasta sola e suprema. Udironsi, e terribili; avvegnachè per editto del 9 di quel mese, manifestato il potere comunicatogli dal re di Napoli conquistatore di Roma, si diceva mandato ad ordinare lo stato ed a far disparire i segni e le memorie della infame repubblica, e purgare quella parte d’Italia della peste desolatrice di democrazia. Traspariva fra le minacce il timore, amplificando le proprie forze, e le altre in cammino tedesche, russe, turche, inglesi, pronte ad opprimere i ribelli. Temeva perciò il reggitore; ma lui, timido e potente, più temevano i soggetti.

E in fatti per novelli editti scacciò di Roma precipitosamente i forestieri, minacciando di morte i contumaci o lenti, e quei Romani che li ajutassero alla disobbedienza; mandò in esilio senza esame o giudizio cinque notai che avevano rogato l’atto della deposizione di Pio VI dal trono temporale; e dipoi altri parecchi, sol perchè impiegati o partigiani della repubblica davano con la presenza scandalo e noja ai riguardanti; empiè le carceri di onesti cittadini, tra’