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286 LIBRO QUINTO — 1799.

folla, guerra lunga esterna e civile, piccolo territorio e macro, scarsi ricolti per due anni, e, quel che è peggio, incertezza di sorti che inaridisce o stagna tutte le vene della ricchezza, rendevano lo stato di Roma povero e tristo. Ma il generale Naselli Aragona empieva in varii modi le casse dell’erario; imperciocchè per nuova legge rivocando le vendite, i censi, gli affitti, tutte le alienazioni de’ beni dello stato, durante la repubblica romana, incamerava quei beni, confiscava per nuove ordinanze i terreni de’ repubblicani, quando anche non condannati, tenuti in carcere; ravvivava le taglie antiche; altre ne imponeva e fra queste una su le terre; con mirabile novità faceva tributarii anche i cherici, e annullava le immunità di questi, ancorchè fossero «patrimonii sacri, abbadie, monasteri, conventi, ospedali, qualunque luogo pio, qualunque persona privilegiata, privilegiatissima, e che avesse acquistato i beni a titoli onerosi.»

I quali atti contrarii all’indole romana, e di dominio pieno e durevole nel re delle Sicilie (mentre il generale tedesco Froeliek imperava da signore nelle Marche), diedero sospetto che i potentati conquistatori volessero tenere in possesso le regioni vinte, quali materie negoziabili nel mercato de’ popoli che speravano certo e vicino. Avvegnachè crescevano, tutto l’anno 1799, le sventure degli eserciti francesi: Macdonald debellato alla Trebbia, Joubert a Novi, Lecourbe nel Piemonte; le fortezze cadute, Genova cadente; la Italia riconquistata per gli antichi re, la Francia minacciata su le sponde del Varo e dai monti della Savoja, il direttorio della grande repubblica impotente, la nazione scorata e debole pe’ disordini; ed a quelle viste i re, non più temendo il ritorno delle fortune francesi, allargavano le ambizioni e le speranze.

XIII. Non avvertivano quali destini seco portasse da Oriente il generale Bonaparte; il quale, udite le estremità della Francia, vedendo ormai nell’Egitto lenta la guerra, incerta la vittoria, nullo il benefizio della repubblica, lasciò capo dell’esercito il generale Kleber, e sopra fregata che i venti e la fortuna secondarono, traversando mari e pericoli, giunse a Frejus, e andò trionfatore a Parigi. Fu la comparsa come di meteora prodigiosa per la grandezza del caso, la incertezza del disegno, le speranze, i timori; tutte le parti si agitavano; ed egli solo immobile in tanto moto che gli facevano intorno, bilanciava gli eventi; e quando ebbe deciso in suo pensiero mutare in governo più fermo la disordinata repubblica, egli, col nome che diessi di Consolo, fu dittatore. Non è debito mio narrare le maraviglie di quel fatto, assai conosciute per le istorie di Francia; ma poichè gli ordini nuovi di quello stato confusero le opinioni de’ governi e de’ popoli, non sarà senza frutto esaminare i politici effetti che tra noi produssero.