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LIBRO QUINTO — 1800. 303

pace che si maneggiava nella stessa città di Luneville; talchè la guerra d’inverno durò in Italia venti giorni, nel qual tempo, a fronte di nemico potentissimo, furono valicati due grandi fiumi, percorsa con quattro legioni tra geli e precipizii tutta la pendice delle Alpi Retiche, combattute due battaglie e dodici almeno fatti d’armi, uccisi o feriti novemila Tedeschi, imprigionati dodicimila, prese artiglierie e bandiere, espugnati molti forti, e a tali strette confinato l’esercito alemanno che il non perduto in guerra lo cedè per accordi. Tutti prodigi della strategia e della sapienza de’ capi e del valore delle squadre. N’ebbe il maggior nome il generale Brune benchè il meno facesse; e chi più meritava per travagli ed ingegno, Macdonald, meno accolse di fama, perchè vincitore di natura più che di eserciti. E se a debole voce fosse concesso tanto innalzar le interrogazioni, nol chiederemmo a Bonaparte per qual pro arrestare nella miglior fortuna l’esercito del Reno, e non dare a questo il frutto felice della guerra, ed imporre il tragitto rovinoso dello Splugen. Anche agli uomini eccelsi sono i malnati affetti nebbia e falli della mente.

Avvegnachè l’esercito che il generate Moreau in quella stessa guerra d’inverno conduceva nell’Alemagna, dopo corse in quindici giorni novanta leghe, valicati tre gran fiumi, imprigionati ventimila soldati, sedicimila uccisi o feriti, presi cento cinquanta cannoni, quattrocento cassoni, seimila carretti, stava sopra di aperta a venti leghe lontano da Vienna. Sì che proseguendo cammino stipulava sotto le mura della città capitale dell’impero, senz’altra guerra ed altre morti, i patti della pace; ma un armistizio fermati in Steyer il 24 del dicembre, sospese di Moreau il cammino e la gloria.

XXI. E questo armistizio e l’altro di Treviso avevano quetate le discordie, allorchè si udì che il re di Napoli mandava tre legioni contro pochi Francesi stanziati nella Toscana. Da lungo tempo i reggitori dello sciagurato regno, da infelici destini o da mala coscienza dissennati, brandivano le armi quando ragion di stato consigliava a deporle. Veramente mossero il 14 di gennaio, non ancora noto l’armistizio di Treviso; ma sapevano l’altro di Steyer, e le disavventure in Italia di Bellegarde. Che che fosse di quel consiglio, il generale Damas con diecimila soldati uscito di Roma si avanzava contro Siena, e lo secondavano le rinate torme di Arezzo. Miollis, ardito e celere, sguernì Livorno, abbandonò Firenze e andò in colonne contro Damas; il quale, dopo aver fugata da Siena picciola mano di Francesi, e posto il campo in monte Reggioni, vi fu scontrato dall’avanguardo nemico. Erano disuguali le schiere combattenti perchè i Francesi metà de’ Napoletani; ma questi, guerrieri la più parte della santa fede, guidati da uffiziali della