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22 LIBRO PRIMO — 1701.

il popolo abbandonarli. come nella congiura di Masaniello fu da nobili abbandonato. Udite già gli assunti nomi di principe di Piombino, principe di Salerno, conte dî Nola; e aspettatevi tanti altri ancora ignoti, ma che tutti sarebbero sopra noi nuovi tiranni. Io mi parto da questo luogo: mi seguirà chi presta fede ai miei detti.” Restò vuota la piazza: il primo oratore tornò confuso.

Ma pure molti della più bassa plebe e del contado, non per amore di fazione ma per avidità di guadagni, rinforzarono i congiurati; e nel tumulto andavano spogliando le case, ed necidendo alla cieca uomini d’ogni parte: alle quali opere malvage, parecchi uomini della nobiltà, cospiratori ancor essi, o aderenti ma non palesi, ripararonsi ai castelli da milizie spagnuole guardati; altri fuggirono la sconvolta città, altri munirono le case di sbarre e armigeri. Scemavano la potenza della impresa le sfrenatezze della plebe e l’avvedimento de’ grandi: tal che il principe di Macchia per editto minacciò pena di morte così a’ predoni quanto a coloro tra’ nobili che indugiassero oltre un giorno ad ajutare le parti del re Carlo. L’editto disperante agli uni, estremo agli altri, nocque in doppio modo alla congiura.

Così che il vicerè, vedendo freddo il popolo, i nobili divisi, i congiurati pochi e ormai timidi, fece sbarcare nel terzo dì le ciurme delle galere spagnuole ancorate nel porto; e formate a schiera con le milizie, le spinse dal Castelnuovo contro i ribelli accampati dietro certe sbarre in alcuni posti della città: mentre i castelli, ad offendere e spaventare, facevano romore continuo di artiglieria. La torre di Santa Chiara, occupata dai congiurati per innalzarvi la bandiera d’Austria, spiare dall’alto nella città, e sonare a doppio le campane, fu subito espugnata; gli aliri posti assaltati e presi. Si dispersero i difensori: il Macchia ed altri fuggirono; Sassinet e Sangro furono prigioni: abbassata e vilipesa la bandiera di Carlo, si rialzarono le immagini e le insegne di Filippo. Nulla rimase della tentata ribellione, fuorchè la memoria, ii danno e i soprastanti pericoli.

Di fatti, richiamato il Medinaceli, venne da Sicilia vicerè il duca di Ascalona. A don Carlo di Sangro, colonnello di Cesare, fu mozzato il capo nella piazza del Castelnuovo; altri congiurati finirono della stessa morte; altri spietatamente uccisi nelle carceri. Sassinet, però che segretario di ambasciata, fu mandato in Francia prigione: molti languivano nelle catene, i beni di tutti furono incamerati, crebbero i rigori, le pene, i supplizii per tutte le colpe sopra tutte le classi de’ cittadini. Al quale spettacolo e terrore il popolo si sdegnò del governo, e sentì pentimento d’essere mancato alla congiura de’ nobili, come suole agli nomini: fallire e pentirsi.

V. (1702) Saputa dal re Filippo quello congiura, misurata la mole de corsi pericoli, incerte ancora le guerre d’Ttalia e di Spagna,

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