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LIBRO PRIMO — 1734. 31

da’ re di Spagna , dagl’imperatori di Germania, e da’ loro vicerè. Fra tanto scambiarsi di dominii e di codici, alcune città si governavano per consuetudini.

E perciò cominciando a regnare Carlo Borbone, undici legislazioni, o da decreti di principe, o da leggi non rivocate, autorità di uso reggevano il regno: ed erano: l’antica romana, la longobarda, la normanna, la sveva, l’angioina, l’aragonese, l’austriaca spagnuola, l’austriaca tedesca, la feudale, la ecclesiastica la quale governava le moltissime persone e gli sterminati possessi della Chiesa, la greca nelle consuetudini di Napoli, Amalfi, Gaeta, ed altre città un tempo rette da uffiziali dell’impero di Oriente; così come le consuetudini di Bari e di altre terre traevano principio dalle concessioni longobarde. Le molte legislazioni s’impedivano, mancava guida o imperio alla ragione de’ cittadini, al giudizio dei magistrati.

Un giudice in ogni comunità, un tribunale in ogni provincia, tre nelle città, un consiglio detto collaterale presso il vicerè, altro consiglio chiamato d’italia o supremo presso del re in Ispagna quando i re spagnuoli dominavano, o in Germania quando imperavano i Tedeschi, erano i magistrati del regno. Non bastando alla procedura i riti di Giovanna II, suppliva l’uso, e più spesso l’arbitrio del vicerè: non essendo ben definito il potere de’ magistrati, la dubbietà delle competenze si risolveva dal comando regio: e le materie giudiziario avviluppandosi alle amministrative, il diritto e ‘l potere, il magistrato e ’l governo soventi volte si confondevano. Finalmente, per la ignoranza di quella età, i soggetti credendosi legittimi servi, e i reggitori stimandosi non ingiusti a soperchiare, ne derivava doppio eccesso di servitù e d’impero: con deformità più manifesta ne’ processi e ne’ giudizii. Crearono gli enunciati disordini curia disordinata e malvagia. Qualunque della plebe con toga in dosso dicevasi avvocato, ed era ammesso a difendere i diritti o le persone de’ cittadini: e però che all’esercizio di quel mestiere pieno di guadagni non si richiedevano studii, esami. pratiche, lauree, moltiplicava tuttodì la infesta gente de’ curiali.

XIII. Ora dirò della finanza, parte assai principale di governo, che oggi vorrebbe sottoporsi a regole e guidarsi con filosofiche dottrine, tal che mantenesse la potenza allo stato e la prosperità del vivere civile: ma ne’ tempi de’ quali compongo le istorie, era uso cieco e violento di forza, senza ordine, o misura, o giustizia; rovinoso a’ privati, non profittevole all’universale, S’imponevano tributi a tutte le proprietà, a tutte le consumazioni, a qualunque segno di possesso, alle vesti, al vitto, alla vita, senza misura o senno, solamente mirando all’effetto maggiore delle imposte. Sotto i Normanni e gli Svevi (rammento cose note, ma necessarie) ne’ regni