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LIBRO PRIMO — 1734. 49

nerale sarà fuori della fortezza.» Que’ detti lusingarono l’alterezza spagnuola, tanto che la prudenza mancò; e, fatta tregua, l’Orsini, uscito, vide e lodò la grandezza delle opere; poi convitato dal generale contrario, lodando e rallegrandolo protrasse la dimora fino alla notte. Ricominciate le offese, continuavano ne’ seguenti giorni: una bomba del campo spagnuolo caduta e fermatasi nella stanza dove il generale Orsini riposato desinava, fu cagione, che, vista imminente la morte, egli in animo votasse alla santa protettrice della città, se dal pericolo campava, rendere la fortezza. La bomba non iscoppiò; la fortezza fu resa. L’ultimo della guerra fu in Trapani. E poichè le rocche de’ Presidii della Toscana erano passate alle armi di Spagna, la conquista de’ due regni al cominciare del luglio del 1735 fu compiuta. Nelle descritte guerre molti Napoletani e Siciliani seguirono le parti di Cesare o di Carlo, gli uni agli altri nemici; miseria di genti serve, divise di interessi e di voglie.

XXIX. Quando non ancora era compiuta la guerra di Sicilia, Carlo si avviò per quell’isola, e traversando il Principato Ulteriore, le Puglie, parte di Basilicata e le Calabrie, spargeva regalmente le ricchezze di America mandate a lui dalla madre. Più che due mesi e mezzo, aspettando che la cittadella di Messina si arrendesse, viaggiò nel regno, troppo dedito alla caccia per la quale i boschi si preparavano con grandi spese. Cacciando una volta presso a Rosarno, colto da stemperata pioggia, si riparò in povero tugurio, e trovando giovine donna or ora sgravata volle che il bambino portasse il nome di Carlo; si fece suo patrigno; donò di cento doppie d’oro la madre; assegnò al fanciullo ducati venticinque al mese finchè in età di sette anni venisse alla reggia. Lo scrittore che ciò narra, e che pur di mille vanità empiè le sue memorie, trovò meno degno di ricordanza il nome, il seguito e la fine dell’avventuroso fanciullo. Nella marina di Palmi sopra splendida nave Carlo imbarcò per Messina; e ’l principe Ruffo, che per baronale ambizione lo sperava in Scilla suo feudo, deluso in quella speranza, compose altra specie di corteggio. Innumerevoli barche ornate de’ segni di festa e di pace andarono incontro alla nave del re, e disposte a semicerchio lo accompagnavano. In cinque gondole meglio adornate non vedevi che donne le più belle di quella città, dove le donne son belle, gajamente vestite, quali di loro affaticandosi liete a remi, quali governando il timone, e le altre sonando istromenti e cantando a cadenze versi di allegrezza e presagi di comun bene. Lusinghe imitatrici della favola, che non però guastavano il cuore di Carlo, in tanta giovinezza temperato e severo, Con quel corteggio arrivò a Messina dove altre feste si fecero.

Due mesi appresso andò a Palermo per via di mare, giacchè il

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