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50 LIBRO PRIMO — 1735.

proponimento di andar per terra fu distolto dall’asprezza de’ luoghi, deserti di abitatori e selvaggi. Dopo magnifica entrata, Carlo l’ultimo giorno di maggio convocò nel duomo i tre Bracci o ceti del parlamento (il baronale, l’ecclesiastico, il demaniale), e tutti i notabili per nobiltà o grado: ed egli venuto in chiesa, e compiuti divotamente i riti sacri, montò sul trono, e ad alta voce (tenendo ferma la mano su i libri del Vangelo) giurò di mantenere i diritti del popolo, le ragioni del parlamento, i privilegi delle città: e, soddisfatto al debito di re, invitò i presenti a giurare obbedienza e fede al suo imperio. Tutti giurarono; il sacro patto fra i soggetti ed il re fu statuito in presenza del popolo e di Dio. Finita la cerimonia, si preparò per il terzo giorno nella chiesa istessa l’unzione e coronazione di Carlo che fu simile alle precedenti di altri diciotto re coronati in quel tempio, ma più magnifica per pompa e ricchezza, perciocchè la corona pesante diciannove once (cinque di gemme, quattordici d’oro e di argento) costava un milione e quattrocento quarantamila ducati. Fece coniare in abbondanza monete d’oro, le onze, e di argento le mezze-pezze, col motto: Fausto coronationis anno, che i tesorieri per tutto il cammino dalla chiesa alla reggia gettavano a pioggia nel popolo. Ciò fu il 3 di giugno dell’anno 1735. Quatiro giorni diede ancora alle pubbliche feste, e nel quinto, il re sopra ricchissima nave, seguitato da gran numero di altri legni, fece spiegar le vele per Napoli, dove approdò il giorno 12 tra le accoglienze universali e feste tanto prolungate che volsero in sazietà e fastidio. Quelle finite, cominciarono al re le cure di pace.

CAPO TERZO.

Governo di Carlo dopo assicurata la conquista sino allo vittoria di Velletri.

XXX. Non potrò esporre il governo di Carlo per successione di tempi e di cagioni, sì che la narrazione trapassi continuata di cosa in cosa, però che le leggi di lui dipendendo talora da intenzione di pubblico bene, più spesso da occasioni o dal volere de’ suoi genitori, o dall’esempio di Spagna, non erano simiglianti le cause, non unico e permanente il consiglio: ogni parte dello stato fu mossa nel corso intero del suo regnare per infinite prammatiche o dispacci senza legamento e senz’altra mira che di reggere secondo i casi, e d’imperare. Mi sarà dunque necessità rappresentare in complesso le sue riforme, onde apparisca nelle condizioni e nella civiltà de’ soggetti quanta parte si dovesse alla scienza e alla mente de’ reggitori.

Essendo il disordine maggiore ne’ codici e nei magistrati, doveva essere prima opera di Carlo comporre novello codice che togliesse dalla napoletana giurisprudenza l’ingombero di undici legislazioni: