Pagina:Storia del reame di Napoli dal 1734 sino al 1825 I.pdf/70

Da Wikisource.
60 LIBRO PRIMO — 1744.

d’Italia: se il re l’accetta, richiami le squadre napoletane dall’esercito di Montemar: se la rifiuta, si apparecchi a pronta guerra, però che l’armata bordeggiante nel golfo al primo segno bombarderà la città. Due ore si danno al re per iscegliere.» E per la esatta misura del tempo cavò di tasca l’oriuolo e disse l’ora.

Era la città senza difese di trinciere o di presidio; il porto, la darsena, la reggia non muniti, non guardati, il popolo costernato. Mancava il tempo alle opere ed al consiglio; non era militare la corte, erano timidi i ministri; e perciò turbato il senno de consiglieri tumultuariamente chiamati da Carlo, fu accettata la neutralità; e per lettere che il superbo araldo legger volle, fu comandato al duca di Castropignano di tornare con l’esercito nel regno. Altre lettere segrete narravano al Montemar i dolenti fatti di Napoli; e fogli e ambasciatori ne informarono le corti di Francia e di Spagna, e l’infante don Filippo che guerreggiava nel Milanese contro gli eserciti savojardi e tedeschi. Scomparve nel giorno istesso della fermata neutralità il navilio inglese. Carlo, tardi provvedendo alla difesa della città, fortificò il porto, alzò trinciere e batterie intorno al golfo, le munì di cannoni e soldati. E ripensando alla patita ingiuria, vedendo suscitate contro Italia le ambizioni di tutti i principi, dubbio il fine della guerra, vacillante la fede, non mai certo il sacramento di alcun re, sperò assicurare la sua corona e la quiete del regno con volgere allarmi le proprie ricchezze, le nuove entrate del fisco, le passioni e gl’interessi del popolo. Ristaurò molte navi, altre fece a nuovo; fondò fabbrica di cannoni, archibugi, macchine di guerre: coscrisse novello esercito per province, affidandone i primi officii a’ suoi soggetti; radunò armi e munizioni. Così preparato, mirando alle cose d’Italia, modesto e giusto reggeva lo stato.

Il duca di Montemar menomato degli ajuli di Napoli divenne più timoroso verso il nemico, più veloce a ritrarsi, e ’l suo re incolpandogli le sventure di quella guerra, lo ricovò e il tenne disfavorito e lontano venti leghe dalla reggia e dalla città. Il conte di Gages, di maggior fama ed animo, venne capitano agli Spaznuoli: gli animò, li mosse, combattè più volte o vincente o perdente; ma, non pari di numero al nemico, li ridusse nel territorio di Napoli dietro al Tronto. Il fortunato Lobkowitz accampò sull’altra sponda, minaccioso così per le ordinanze dell’esercito; come per gli editti della Sua regina.

La quale, ambiziosa come donna, credeva certa la conquista del reame per la novità del re, le poche milizie non usate alla guerra, ed il mobile ingegno de’ Napoletani; mentre dalle sue parti esercito grosso e vincitore, capitano felice, gran numero di partigiani nel popolo. Più incitavano l’animo regio e femminile i ministri di lei