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LIBRO PRIMO — 1745. 73

miglia, e poi dell’amaro pane del fisco. Restò nel carcere alcuni anni e vi morì: i suoi figli si perderono nella povertà; e nulla rimarrebbe del nome Carosale ai dì nostri, se la eccellenza e le meraviglie dell’opera non ravvivassero nella memoria l’artefice infelice.

L. Carlo fece costruire parecchie strade ed un bel ponte sul Volturno presso a Venafro: le quali opere, sebben fatte per lo stesso amore della caccia sì ch’ebbero nome strade di caccia, pure apportavano alcun benefizio a’ paesi e alle terre circostanti. Frattanto mancavano le strade più utili al regno; era difficile e pericoloso andare (e a cavallo) in Calabria, poco manco in Abruzzo; la strada di Puglia fatta sino a Bovino, luogo di regia caccia, fu trascurata nel resto delle tre province; non vi erano vie provinciali o comunali, tanto per difetto di strade regie, quanto per fraudi ed errori delle interne amministrazioni. Tutto il bello, il grande, il magnifico delle opere «di Carlo stava intorno alla città.

Migliorò l’edilizio de’ regii studii. Alzò da fondamenti con disegno dell’architetto cavaliere Fuga il reale albergo de poveri, aperto a tutti i poveri del regno. Carlo non vide l’opera finita, ma già vi si adunavano poveri a migliaja di ambo i sessi, giovanetti sperduti o miseri, o vagabondi; e molte arti utili e nuove. Dirò ne succedenti libri quanto fossero migliorate le discipline del luogo, e come l’edifizio fu compiuto; ma la prima e maggior gloria è di Carlo.

Il quale, poco appresso, volendo emulare il fasto degli avi ne’ castelli di Versailles e Santo Ildefonso, ed alzare palagio magnifico più sicuro che la reggia dal Vesuvio e dalle offese di nemico potente in mare, elesse il piano di Caserta, quattordici miglia lontano dalla città. Un’antica terra dello stesso nome, Casa-Erta, fondata da’ Longobardi, serba sul vicino monte, tra vaste rovine, pochi edifizii abitati da piccolo numero d’uomini, i quali antepongono a’ comodi ed alle grandezze della nuova città i rottami dell’antica patria. Morti od invecchiati i maggiori architetti, Carasale in carcere, e nel reame nessun altro pari al concetto, Carlo fece venire di Roma Luigi Vanvitelli napoletano, chiaro e primo in Italia per altre opere. Fu il palagio fondato sopra base di 415,939 piedi parigini quadrati, si alzò di 106 piedi; colonne magnifiche, archi massicci, statue colossali, marmi intagliati adornano le facce dell’edifizio; in cima del quale, sopra il timpano del frontispizio, mirasi la statua di Carlo, equestre, in bronzo.

L’interno di quella reggia racchiude marmi preziosi, statue e dipinture de’ più famosi scultori e pittori di quella età, legni intagliati, lavori di stucco, cristalli, vernici, pavimenti di marmo, di mosaico, e di altre rare o pietre o terre. E dirò in breve che quel solo edifizio rappresenta l’ingegno di tutte le arti del suo tempo. Piazze e parchi lo circondano per tre lati, innanzi al quarto si stende