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74 LIBRO PRIMO — 1745.

giardino vastissimo, magnifico per obelischi, statue, scale di marmo, fontane copiosissime e figurate. Un fiume cadente a precipizio, quindi a scaglioni, e infine dilatato in lago, e disperso in ruscelli, si vede scendere dal contrapposto monte; il monte istesso è un giardino a modo inglese, che accoppia alle grandezze veramente regie dell’arte i favori di tiepido clima, terra ubertosa, primavera continua.

L’acqua raccolta in fiume viene dal monte Taburno per acquidotto di 27 miglia, traversando le montagne Tifatine e tre larghe valli; così che scorre per canali cavati nel seno delle rupi, o sospesa sopra ponti altissimi e saldi; il ponte nella valle di Maddaloni, lungo 1618 piedi, sopra pilastri grossi 32 piedi, per ire ordini arcati s’innalza piedi 178. E perciò, se non parlassero le scolpite pietre e le memorie, quell’opera sarebbe creduta della grandezza e dell’ ardimento di Roma. Le acque di Caserta, dopo che hanno irrigato quelle terre, abbelliti gli orti e la reggia. corrono coperte e si congiungono alle acque di Carmignano per venire in Napoli copiose a’ bisogni di tanta città.

LI. Annovero fra le opere più fortunate di Carlo gli scavi di Ercolano e di Pompei; e poichè dovrò dire di città distrutte dal vicino vulcano, accennerò prima le due più grandi eruzioni avvenute sotto quel re, e le magnanime sue provvidenze a soccorrere le travagliate genti. La prima eruzione fu nell’anno 1738, disastrosa per abbondanti ceneri vomitate dal monte, alzate in forma di pino sino alle nuvole, trasportate dal vento in paesi lontani, là discese, e per piogge e propria natura assodate e impietrite. La fertilità di ampie regioni fu mutata in deserti; e più devastate le città delle due Torri, Sarno, Palma, Ottajano, Nola, Avellino, Ariano. L’altra eruzione dell’anno 1750, più fiera per tremuoti e distruggimenti, coprì di lava borghi, villaggi, terreni feracissimi e colli. Il re, l’una e l’altra volta, rimise i tributi delle terre danneggiate o gli scemò; diede soccorsi, fece doni. Nel tempo della eruzione del 38 agitandosi le quistioni giurisdizionali tra ’l re e ’l papa, i frati e i preti della città susurravano agli orecchi del popolo, quel flagello esser messaggio di Dio ai ministri di Carlo, acciò desistessero da tribolare la Chiesa e i sacerdoti. Ma il volcano quietò, serenò il cielo, i timori svanirono, le contese col papa seguitarono.

LII. Di Ercolano sono favolose le origini, di Pompei oscure, due città della Campania floridissime a’ tempi di Tito Vespasiano, quando per tremenda eruzione (descritta dal giovine Plinio) Ercolano fu coperta da lava, Pompei oppressa da vomitate ceneri e lapilli, poi sotterrata dalle materie che le acque a torrente vi trasportarono; furono però varie le cagioni ma una rovina in un giorno disfece le due città. Spenta con gli uomini viventi la memoria de’