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LIBRO PRIMO — 1759. 85

così che oggi lo mostrano nel museo non per maraviglia di antichità, ma in documento della modestia di Carlo. Nominò il precettore del giovine re; e gli raccomandò la vita dell’infante Filippo che lasciava nella reggia di Napoli. Dispensò gradi, onori, doni, per mercede di fedeltà o di servizi. Nel giorno medesimo, prima che il sole dechinasse, entrò in nave con la moglie, due figliuole, e quattro infanti, sopra un navilio spagnuolo di 16 vascelli da guerra e molte fregate, salpato da’ porti del Ferol e di Cadice, arrivato in Napoli sul finire del settembre per servizio del re. La corte di Spagna in quel tempo era delle regnanti di Europa la più pomposa.

Assisterono al partire di Carlo tutti gli abitanti della città, però che le nostre case sotto cielo benigno essendo coperte non da tetti acuti o da piombi ma da piani terrazzi donde si scuopre l’amenissimo lido che stringe il golfo, quei che non capevano nel molo e ne’ due bracci del porto, miravano dall’alto delle case addolorati ed augurati al non più loro invidiato monarca. Le memorie del buon re, la sua grandezza e gli edifizii da lui fondati, visibili dalla città, la folla e ‘l silenzio dei riguardanti, erano cagioni e documenti della giusta universale mestizia: la quale (benchè durassero leggi, magistrati, natura e nome del governo) per lungo tempo non cessava nel popolo, quasi presago della tristezza de’ futuri regni.