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LIBRO SESTO — 1806. 15


CAPO TERZO.

Riordinamento del ministero e delle amministrazioni. Nuove discoridie civili.
Fatti di guerra.

XVI. Furono riordinati i ministeri: quello degli affari stranieri, inutile finchè durano i moti della conquista, fu indi a poco affidato al marchese del Gallo pur ora ambasciatore del re Ferdinando presso l’imperatore de’ Francesi. Il qual rapido passaggio chiamato tradimento da’ più severi, veramente nacque dagl’incanti della napoleonica potenza, da’ fatti dell’antico re, da’ segni di felicità che trasparivano in quel nuovo stato, dal proprio comodo e della incostanza del secolo. Il ministero dell’interno ebbe carico di quella parte di economia civile che racchiude L’amministrazione delle comunità e delle province, le arti, le scienze, le fondazioni di pietà ed utilità pubblica. Dipoi, regolate con nuove leggi le amministrazioni, fu meglio il regno diviso in province, distretti e comunità: un capo amministratore, che chiamarono intendente (abolito il preside), attendeva alla provincia, il sotto-intendente al distretto, il sindaco al municipio. Un consiglio comunale, detto decurionato, fissava i bisogni, le spese, le entrate; eleggeva gl’impiegati municipali durabili un anno; vegliava che non mancassero a’ loro debiti; li giudicava dopo l’uffizio. Questa rappresentanza della comunità componevasi, secondo il numero degli abitanti, di dicci a trenta, scelti a sorte fra i possidenti, di età maggiore di ventun anno, rinnovandone in ogni anno la quarta parte.

Ciò che il decurionato per la comunità, era il consiglio distrettuale per il distretto, il provinciale per la provincia: dieci membri componevano il primo, venti il secondo; gli uni e gli altri proposti in maggior numero da’ decurionali tra i possidenti del distretto e della provincia, ed eletti dal re, che vi aggiungeva un presidente preso fra i più ricchi e nobili del regno. Quei consigli adunati in ogni anno, il distrettuale per quindici giorni, il provinciale per venti, giudicavano i conti del sotto-intendente e dell’intendente, distribuivano le imposte regie fra distretti e comuni, si richiamavano de’ mali pubblici, e poi palesando i possibili miglioramenti, le speranze e i voti dei popoli riferivano direttamente al governo. L’intendente, maggiore di tutti nella provincia, era negli ultimi giorni dell’anno sindacato da’ suoi soggetti, e censurato se manchevole, ed accusato se ingiusto, vicenda in cui risiede la civil libertà.

XVII. Concentrate nell’autorità del governo le amministrazioni delle province, dovea darsi un consiglio allo stato, e fu dato. Era composto di trentasei consiglieri. un segretario, otto relatori, un