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LIBRO SESTO — 1806. 25

timidi tenendo sicuro e vicino il ritorno dell’antico re, sdegnavano di chiarire i loro crediti. E così per l’audacia de’ primi, per la ignavia de’ secondi, il debito dello stato scemava.

Fu ribassato il tributo del sale; ed indi a poco, mutandone l’economia, impedito le smercio libero, distribuito il genere per comunità e famiglie (cinque rotoli all’anno per ogni testa), il consumo forzoso indi minore, un dazio giusto trasformato in abborrito testatico; ma l’amministrazione più semplice, meno infida. La finanza in quel tempo era logorata da mille fraudi, facili per la novità delle leggi, delle imposte, de’ mezzi di esigerle; e per amministratori e pubblicani, la più parte Francesi, avidi, a modo di conquistatori superbi, verso tributarii inesperti e scontenti. Di tutte le taglie pubbliche quella del sale è gravissima a’ Napoletani, che avendo sale in miniere a piccola profondità, sale disciolto in alcuni ruscelli e formato in cristalli ne’ margini, sale addensato per cocente sole di luglio dalle acque marine sopra i lidi, vedono i larghi doni della natura appropriati da cupidigia finanziera; e poichè facile il controbando, così molesta la vigilanza che ne’ paesi più meridionali del regno s’impediva di attingere acqua dal mare, perchè esposta al sole lascia sale ne’ vasi.

Separato il patrimonio regio da quello dello stato, l’uno si affidò al ministro di casa reale, l’altro ad un direttor generale; il primo indipendente se non dal re; il secondo circondato di un consiglio e soggetto a pubblico sindacato. Il demanio dello stato per conventi disciolti, beni confiscati, vescovadi ed abazie vacanti, fu ricchissimo; ma quelle dovizie finchè duravano nell’amministrazione fiscale, erano disperse; come, se davansi a vendita, o a censo, o a dono, si trasmutavano in benefizio pubblico, migliorando i possessi per novella industria, fruttando tributi alla finanza, creando possidenti nuovi, partecipi e fedeli a’ destini del governo. Alienare il patrimonio affidato alla direzione sarebbe stato il più saggio pensiero del direttore, ma vanità e privato interesse vi si opponevano.

Simile alla direzione del demanio fu ordinata quella de’ dazi-indiretti; e il nome dice quali tributi amministrasse.

Si ridussero a due i già sette banchi della città; uno di corte in San Giacomo, l’altro di privati nella casa detta de’ Poveri: il primo abbondava di denaro, raccogliendo per ordinanza tutte le entrate del fisco; l’altro scarso o vuoto, dipendendo i depositi da volontà, ed essendo dubbia la fede nel governo, e vive nella memoria le passate frodi su i banchi.

Poco appresso fu composto il tesoro pubblico dove con regole di legge si concentravano le entrate ed uscite della finanza, e sì che del patrimonio fiscale il tesoro chiariva ogni credito, ogni spesa; il banco accertava il denaro entrato ed uscito.