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LIBRO DECIMO — 1821. 295

Rimarrebbe a dire del parlamento se dir si potesse in breve ciò che operò per apprestare la guerra e concitar lo zelo de’ cittadini, premiare ogni virtù, fecondare le speranze, celebrare non che i fatti onorevoli, le intenzioni di alcun merito futuro. Ne’ quali trovati fu sagacissimo, ed in ben dire, in ben operare infaticabile il deputato Poerio: suoi pregi sventurati, perchè, sterili allora, gli fruttarono più tardi prigionia, esilio, molti danni, quasi povertà, fama più bella.

Per ciò che ho detto del ministero e del parlamento, ossia delle due parti operose dello stato, la memoria degli uomini riterrà che tra molti vizii molte virtù pubbliche si mostrarono, e fra certi transitorii mali un grande e stabile bene si alzava. Erano quindi, dopo la caduta di quel reggimento, dolorosi spettacoli all’universale la perduta libertà, la soprastante tirannide; sentivano per fino i tristi crucciarsi de’ tradimenti, degl’inganni, delle male opere; la stessa indifferenza, l’aver poco fatto era cagione a pentimento, Sensi tutti di virtù tardiva, cangiati meritamente in supplicio delle coscienze.

CAPO SECONDO.

Riordinamento dell’assoluta monarchia.


III. Così la città ed il regno, certi di vicina come che incognita sventura, stavano inquieti e costernati; non alcun uomo nei nove mesi, per genio, o timore, o vaghezza, o ambizione, non aveva operato e detto qualche cosa conforme al tempo; non alcun uomo, fra tanti sdegni civili, potea sperare che gli mancasse delatore o nemico; il re offeso, sdegnato e per natura sordo a pietà, inchinevole a vendetta; esercito che lo secondava poderoso e straniero, pravi costumi, età corrotta. Era universale il pericolo e lo spavento. Alle prime fughe de’ più conti settarii, altre succederono; e de’ rimasti chi andava ramingo nel regno, chi nascondevasi, chi troppo si palesava per mostrar coscienza sicura; tutti tremavano.

Nel qual tempo il re in Firenze consultava col principe di Canosa le regole di governo. Canosa, come ho riferito in altro libro, cacciato in esilio l’anno 1816 si ricoverò nella Toscana; vide in Livorno il re al suo passaggio per Laybach, ma senza indizio di regal favore; lo rivide al ritorno, e ’l re lo scelse ministro del suo regno e del suo rigore. Nel congresso di Laybach, avuto rispetto a’ giuramenti del re, si erano fermate, per decoro del nome, sentenze oneste di governo: riprovare la rivoluzione dell’anno 20; dichiarar forzata la libertà del monarca, e però invalidi gli atti di quel tempo; punire i capi di Monteforte, ma pochi e non colla morte: spingere a fuggire i colpevoli, ajutarli alla fuga per evitare