Pagina:Storia della Lega Lombarda.djvu/151

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libro secondo 145

getti. Le quali miserie toccavano troppo addentro l’anima del popolo, il quale non avendo sufficiente vigoria di spirito a rettamente giudicare di quelle cose, dalla mobile fantasia era condotto a credere, vi fosse qualche parte dell’ira celeste in quelle sventure. L’idea di un Imperadore incoronato dal Papa faceva ancora nelle menti volgari divina impressione. Per la qual cosa incominciò a manifestarsi tra i popolani un fastidio del lungo assedio, e il desiderio di arrendersi. Ostavano a questo i più accesi dell’amore della patria e della libertà, e si sforzavano a mantenere nel proposito le turbe di morire generosamente per quella, anzichè accattare la vita con ingloriosa dedizione al nemico. Ma tutto fu vano: ed era per venirsi a guerra cittadina. Allora Guido Conte di Biandrate, che teneva il supremo indirizzo delle cose militari, uomo caro a tutti, e avvegnachè nemico alle imperiali pretensioni, non ingrato a Federigo, nè sospetto ai cittadini, con acconcia diceria si adoperò sedare il bollore di coloro che volevano arrisicar tutto innanzi cedere, e persuadere la resa. Onesta e ragionevole orazione fu la sua: ed avvegnachè nell’assemblea strepitassero contro i libertini, la fame e la pestilenza dentro, la disperazione de’ soccorsi al di fuori fece vincere il partito della pace, e s’incominciarono ad introdurre pratiche di accordo col Re di Boemia ed il Duca di Austria. Questi entrati mediatori tra l’Imperadore e la città, fu convenuto, che questa si arrendesse a patti, de’ quali tale era la somma: Non turbassero i Milanesi il rilevamento di Como e di Lodi, non le molestassero più, e si tenessero dal raccogliere il fodro o altra tassa in tutto il loro territorio; non si mescolassero più de’ loro affari, essendo libere città, come Milano, salve le ragioni ecclesiastiche, che aveva su di esse l’Arcivescovo e la chiesa di Milano; tutti dall’anno quindicesimo al settantesimo giurassero con leale animo fedeltà all’Imperadore; imperiale palagio in onor del medesimo a loro spese si edificasse in Milano; ad ammenda delle ingiurie arrecate all’Imperadore ed alla Imperadrice