Pagina:Storia della Lega Lombarda.djvu/359

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libro quinto 353

accoglierla senza la Chiesa, e la cessammo; imperocchè amammo piuttosto la guerra uniti alla Chiesa, che la pace separati dalla medesima. Sia pace coll’Imperadore, siano salvi gli antichi suoi diritti su l’Italia; entri il Re di Sicilia nel trattato della pace, perchè di pace e di giustizia è veramente principe; ma, per Dio, non sia chi tocchi quella libertà che ci tramandarono i nostri avi, e che noi non ci lasceremo strappare che con la vita: morir liberi vogliamo, vivere schiavi non mai.1

Accordatosi il Papa coi Lombardi intorno al negozio della pace, vennero i Legati imperiali a mettere discordia intorno al luogo, in cui era a trattarsi: e dopo lungo dibattersi, fu convenuto congregarsi in Venezia per quel negozio. Vi giunse il Papa nel maggio, assicurato da un giuramento dei Veneziani, che non avrebbero permesso all’Imperadore l’entrata nella città loro fino alla conchiusione della pace. Si assembrarono i deputati a trattare di quel negozio nella cappella del palazzo patriarcale. Rappresentavano il Pontefice i Vescovi Ubaldo di Ostia, Guglielmo di Porto e Manfredi di Palestrina, Giovanni prete di S. Anastasia, Teodewino Prete di S. Vitale, Giovanni Prete di S. Susanna e Giacinto Diacono di S. Maria in Cosmedin. I Deputati imperiali erano Arnoldo Arcivescovo di Treviri, quelli di Magonza e di Magdeburgo, gli eletti di Colonia e Wormazia, Gottifredo d’Heffenstein Cancelliere e Gortusino Protonotario: i Siciliani Romualdo Arcivescovo di Salerno, e Ruggiero Conte d’Andria. Trattavano per la Lega i Vescovi Milone di Torino, Gualla di Bergamo, Anselmo di Como, Guglielmo eletto di Asti, Gerardo Pisto Milanese, Gezano da Verona e Alberto da Gambara Bresciano. Primo assorse in quel convento l’Arcivescovo Cristiano, chiedendo, si facesse ragione al suo Imperadore su le regalie e giurisdizioni usurpategli dalle Repubbliche; si raffermasse la sentenza bandita a Roncaglia dai Dottori di Bologna; e gli si rendessero tutti

  1. Romual. Salern. in Chron.