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voragini, che inghiottiscono parti di terreno; finalmente i micemazii, cioè i terremoti nei quali gli elementi, sciogliendosi i loro legami, da sè medesimi si sollevano e ricadono abbassandosi la terra (Ibid.)1 .

4. Macrobio. ― La esistenza di una grande Terra meridionale divisa, per mezzo dell’Oceano, dalla parte della superficie terrestre corrispondente al Mondo Antico, era già stata ammessa da Aristotele e da Eratostene. Tale era la opinione generale degli Alessandrini, eccezione fatta da Ipparco e da’ suoi seguaci, e la si ritrova più tardi in Cicerone2, in Manilio, in Pomponio Mela ed in Macrobio, scrittore greco della prima metà del secolo V. Quest’ultimo, analizzando la teoria Aristotelica, secondo la quale le due masse continentali abitabili sono l’una dall’altra separate per mezzo di un Oceano che occupa tutta la zona calda, aggiunge che questo Oceano è circondato da quattro altre terre divise da canali che conducono nel nostro emisfero le acque del mare esterno3. Molto acutamente osserva Ales-


  1. Sull’autorità di Posidonio, Seneca il Filosofo distingueva due specie di terremoti. Si legge nel capitolo XXI del libro VI delle Naturales Quaestiones: «Duo genera sunt (ut Posidonio placet) quibus movetur terra, utrique nomen est proprium. Altera successio est, cum terra quatitur, et sursum ac deorsum movetur. Altera inclinatio, qua in latera nutat navigii more». Queste due specie di terremoti corrispondono ai terremoti sussultorii e ondulatorii dei geologi moderni. Ad esse il filosofo romano aggiunge una terza specie, quella cioè del terremoto vibratorio. Il medesimo capitolo delle Questioni naturali, dedicato, quasi per intero, ai fenomeni di cui è parola, contiene eziandio le esposizione dei diversi sistemi, di Anassagora, Anassimene, Aristotele, Democrito, ecc.
  2. De Somnio Scipionis, cap. XIII: Dopo avere detto che la Terra è cinta e quasi circondata da alcune fascie, due delle quali grandemente diverse tra loro, e da ambe le parti appoggiate agli stessi poli del cielo, appaiono irrigidite per gelo, mentre quella che è nel mezzo, ed è la massima, si mostra infiammata per gli ardori del sole, Cicerone aggiunge: «Duo (cinguli) sunt habitabiles; quorum australis ille (in quo qui insistunt adversa nobis vestigia) nihil ad vestrum genus; hic autem alter subiectus Aquiloni, quem incolitis, cerne, quam tenui vos parte contingat».
  3. Macrobii, In Somnium Scipionis expositio, lib. II cap. 9.
Hugues,Storia della Geografia, II. 2