Pagina:Storia della geografia (Luigi Hugues) - 2.djvu/50

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Turku. È poi singolare quanto dice Adamo di Brema, dietro il rapporto fattogli da quelli che erano pratici di quei luoghi, che alcuni Svedesi erano giunti in Grecia per la via di terra, ma che questo viaggio essendo oltremodo pericoloso a cagione delle popolazioni idolatre colà dimoranti, si era tentato di giungervi per la via di mare. Siccome Adamo di Brema si vale sovente del nome Graecia per indicare i territori popolati da famiglie greco-cattoliche, dei quali pure la Russia faceva parte, così parecchi autori opinano che il termine della navigazione fosse non già la Grecia propria, ma sibbene la Russia Baltica. Il che è poco ammessibile, poichè in altri due luoghi degli Annali lo scrittore del Nord dice che il Baltico si estende sino alla Grecia, e che a questo stesso paese si dirigono pure sovente le navi che partono da Schleswig. Si aggiunge che, secondo lo stesso autore, il Mare Orientale è quello stesso che gli antichi chiamavano palude scitica o palude meotica, per cui è lecito congetturare che Adamo di Brema credesse realmente ad una comunicazione naturale tra il Mare di Azov e la sezione orientale del Baltico.

Molte isole si innalzano in questo mare, le quali sono possedute dai Danesi, dagli Svedesi o dagli Slavi. Tra esse accenniamo Wendila, Mors e Thud alla estremità nord della Danimarca; Samsö, dirimpetto alla quale è la città di Aarhus; Fünen, Seeland, Sproga (Sprogö) tra Seeland e Fünen; Bornholm, vicina allo Schonen ed alla Gozia, una delle stazioni più sicure per le navi che si dirigono al paese degli idolatri ed alla Grecia. Al sud di Fünen sono sette isole tra loro vicine e fertilissime, tra cui Moyland (Moen), Imbra (?), Falster e Laaland. Più lungi se ne trovano altre che appartengono agli Svedesi: le maggiori tra esse sono la Curlandia e l’Estonia. In fine le più importanti delle isole dipendenti dagli Slavi sono Fehmarn, Rügen e Samland. È superfluo rilevare l’errore di Adamo di Brema intorno alla natura insulare della Estonia, della Curlandia e del Samland.

L’Oceano occidentale pare essere quello che i Romani chiamavano Britannico. Esso è terribile e pericoloso: la sua lar-