Pagina:Storia della letteratura italiana - Tomo I.djvu/353

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Di questo punto ci spedirem facilmente, che molti sono, e nelle mani di tutti, gli Scrittori, che ne favellano, Veggasi tra gli altri la Vita del Sigonio scritta dall’eruditissimo Muratori, e premessa alla edizione di tutte le opere di quel grand’uomo fatta in Milano dalla Società Palatina, la Prefazione al Tomo sesto delle stesse opere, e la Dissertazione di Goffredo Baldassarre Scharsio stampata prima nel sesto Tomo delle Miscellanee di Lipsia, e poscia nel suddetto Tomo dell’Opere del Sigonio, ove pure si leggono e il Giudicio di Antonio Riccoboni, con cui pruova non esser quella opera di Cicerone; e due Orazioni e un Dialogo dello stesso Sigonio a provare, non che essa sia veramente di Cicerone, ma che non vi è ragion bastevole a negarlo. A ridurre in breve la serie tutta del fatto, l’anno 1583 Francesco Vianelli (non Carlo, come dice il Fabricio), uomo colto e amico assai del Sigonio, diede alla luce in Venezia il libro De Consolatione, attribuendolo a Cicerone; e molti gli dierono fede. Antonio Riccoboni prima, e poscia Giano Guglielmi, seguito poi ancora da Giusto Lipsio, scrissero a provare, che degno di Cicerone non era quel libro. Il Sigonio prese a difendere caldamente l’opposta sentenza, e a sostenere, come si è detto, che non v’era fondamento bastevole a negare, che Cicerone ne fosse Autore. Il tempo ha deciso contra l’opinion del Sigonio, ed ora non vi è uomo intendente di Critica e di buona Latinità, che reputi quel libro opera di Cicerone. La quistione ancora indecisa si è, se il Sigonio ne sia stato l’Autore, e se egli abbia voluto imporre alla sua e alle seguenti età col far credere, che fosse scritto da Cicerone un libro da lui stesso composto. L’amicizia del Sigonio col Vianelli, e il calore, con cui egli prese a combattere in questa causa, sono i soli, e a mio parer troppo deboli argomenti a provarlo; che quanto a ciò, che dice il Fabricio, essere sentimento di alcuni, che lo stesso Sigonio confessasse finalmente la sua frode, di ciò, come osserva il Muratori, non vi ha pruova né indicio alcuno; e molto meno di ciò, che altri affermano, che quando ei vide, che il suo disegno non eragli riuscito, di 183 dolor ne morisse. Non vi ha dunque, a mio credere, argomento che basti a provare il Sigonio reo di tale impostura; e quando ancora il fosse, sarà a lui di non mediocre onore l’avere scritto in maniera, che molti di fatto in sulle prime si ingannasse