Pagina:Storia della letteratura italiana I.djvu/25

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Non cangerea natura,
Se alcun vasello in mezzo non vi stasse:
Anzi avverrea senza alcuna dimura
Che lo foco stutasse,
O che l’aigua seccasse.
Ma per lo mezzo l’uno e l’altro dura.
Così, gentil criatura,
In me ha mostrato amore
L’ardente suo valore,
Che senz’amore — era aigua fredda e ghiaccio.
Ma el m’ha sì allumato
Di foco, che m’abbraccia,
Ch’eo fora consumato,
Se voi, donna sovrana,
Non foste voi mezzana
Infra l’amore e meve,
Che fa lo foco nascere di neve.

E non si ferma qui, e continua con l’acqua e il foco e la neve, e poi dice che il suo spirito è ito via, e lo spirito ch’io aggio, credo lo vostro sia che nel mio petto stia, e conchiude ch’ella lo tira a sè, ed ella sola può, come di tutte le pietre la sola calamita ha balìa di trarre, paragone in cui spende tutta la strofa, spiegando come la calamita abbia questa virtù. Questi son concetti e freddure dissimulate nell’artificio della forma; perchè se guardi alla condotta del periodo, all’arte de’ passaggi, alla stretta concatenazione delle idee, alla felicità della espressione in dir cose così sottili e difficili, hai poco a desiderare.

In Jacopo da Lentino questa maniera è condotta sino alla stravaganza massime ne’ sonetti. Non mancano movimenti d’immaginazione ed una certa energia d’espressione, come:

Ben vorria che avvenisse
Che lo meo core uscisse