Pagina:Storia della letteratura italiana I.djvu/89

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cia la Rettorica nuova di Tullio, traslatata da grammatica in volgare per frate Guidotto da Bologna. Che importanza avesse la rettorica, e quali miracoli potea produrre, si vede da queste parole del traduttore: «Fu uno nobile e vertudioso uomo, cittadino nato di Capova del regno di Puglia, il quale era fatto abitante della nobile città di Roma, che avea nome Marco Tullio Cicerone, lo quale fu maestro e trovatore della grande scienzia di Rettorica, la quale avanza tutte le altre scienzie, per la bisogna di tutto giorno parlare nelle valenti cose, siccome in far leggi e piati civili e cherminali, e nelle cose cittadine, siccome in fare battaglie, ed ordinare schiere, e confortare cavalieri nelle vicende degl’imperii, regni e principati, e governare popoli e regni e cittadi e ville, e strane e diverse genti, come conversano nel gran cerchio del mappamondo della terra.» Il libro è dedicato a Re Manfredi, il quale vi potrà avere sufficiente a adorno ammaestramento a dire in piuvico e in privato. Accanto a Cicerone compariva il grande poeta Virgilio: il quale Virgilio si trasse tutto il costrutto dello intendimento della rettorica, e ne fece chiara dimostranza. Il frate, cercando le magne virtudi di Cicerone, aggiunge: sì mi mosse talento di volere alquanti membri del Fiore di rettorica volgarizzare di latino in nostra lingua, siccome appartiene allo mestiere de’ laici, volgarmente. Onde pare che il tradurre volgarmente, in volgare, era mestiere dei laici, scrivendo i chierici in latino. Queste citazioni sono il ritratto del tempo. Ci si vede la grande impressione che facea su quelle menti Virgilio e Cicerone, d’arme maraviglioso cavaliere, franco di coraggio, armato di grande senno, fornito di scienzia e di discrezione, ritrovatore di tutte le cose. E ci si vede pure la gran fede nei miracoli della scienza, come se a vivere con buoni costumi e a ben dire in pubblico e in privato bastasse imparare le re-