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Pagina:Storia della letteratura italiana II.djvu/157

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duce nel santuario della scienza, nel mondo dell’uomo e della natura; una dissoluzione morale, senza rimorso, perchè senza coscienza, perciò sfacciata e cinica. Intorno all’Ariosto si schierano gl’innumerabili novellieri, romanzieri e comici, pasto avido di popolo colto e ozioso, che vive di castelli incantati, perchè non prende più sul serio la vita reale. Intorno al Machiavelli si stringono tutta una schiera d’illustri statisti e storici, come il Guicciardini, il Giannotti, il Paruta, il Segni, il Nardi, e tutt’i grandi pensatori, che cercano la redenzione nella scienza. Attorno all’Aretino si move tutto il mondo plebeo de’ letterati, istrioni, buffoni, cortigiani, speculatori, e mestieranti. L’Ariosto spinge l’immaginazione fino al punto che provoca l’ironia. Il Machiavelli spinge la sua realtà e la logica a tal segno che produce il raccapriccio. E l’Aretino spinge il suo cinismo a tal grado che produce il disgusto. Queste tre forme dello spirito si riflettono in loro ingrandite e condensate.

Quello era il tempo che i grandi Stati d’Europa prendevano stabile assetto, e fondavano ciascuno la patria di Machiavelli, cioè una totalità politica fortificata e cementata da idee religiose, morali e nazionali. E quello era il tempo, che l’Italia non solo non riusciva a fondare la patria, ma perdeva affatto la sua indipendenza, la sua libertà, il suo primato nella storia del mondo.

Di questa catastrofe non ci era una coscienza nazionale, anzi ci era una certa soddisfazione. Dopo tante calamità venivano tempi di pace e di riposo, e il nuovo dominio non parve grave a popoli stanchi di tumulti e di lotte, avvezzi a mutare padroni, e pazienti di servitù, che non toccava le leggi, i costumi, le tradizioni, le superstizioni, e assicurava le vite e le sostanze. Alcun moto di plebe ci fu, come a Napoli per l’inquisizione e per la gabella de’ frutti, cagionato da poca abilità nei governanti, anzi che da elevatezza di sentimenti ne’ sud-

De Sanctis ― Lett. Ital. Vol. II 10