Pagina:Storia della letteratura italiana II.djvu/169

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meno lodati secondo che più o meno si avvicinano al modello. Si vantavano le commedie e le tragedie di quel tempo per la loro conformità alle regole. E come un effetto bisognava ottenere sugli spettatori, e quella regolarità ammiratissima era pur la più noiosa cosa di questo mondo, cercavano l’effetto ne’ mezzi più grossolani e caricati, a cui sogliono ricorrere gli uomini mediocri. Le commedie erano buffonerie, le tragedie erano orrori, e tra le più insopportabili era appunto la Canace dello Speroni. Una sola cosa mancava all’Italia, il genere eroico, e lo Speroni è tutto sconsolato di non trovarne l’esempio nel Petrarca: «Quasi nuovo alchimista, lungamente mi faticai per trovare l’eroico, il qual nome niuna guisa di rima dal Petrarca tessuta non è degna di appropriarsi.» Il Trissino era mal riuscito. L’Orlando furioso era fuori regola, e gli si perdonava, perchè era romanzo e non poema. Il problema era di trovare l’eroico, come diceva lo Speroni. Ciascun vede, quanto Pietro Aretino entrasse innanzi per ingegno critico a tutti costoro.

Conforme a quei criterii era la pratica. Comenti al Boccaccio e al Petrarca infiniti. Molte traduzioni di classici, tra le quali il Livio del Nardi, la Rettorica e l’Eneide del Caro, le Metamorfosi dell’Anguillara, il Tacito del Davanzati. Grammatiche e Rettoriche tutte ad uno stampo dal Bembo al Buommattei, detto messer Ripieno, anzi sino al Corticelli. Imitazioni, anzi contraffazioni classiche in uno stile artificiato, che tirava a sè anche i più robusti ingegni, anche il Guicciardini. E le accademie che moltiplicavano sotto i nomi più strani, dove, finiti i baccanali, regnavano vuote cicalate e dispute grammaticali. Come contrapposto, non mancavano gli eccentrici, che cercavano fama per via opposta, come il Lando che chiamava imbecille il Boccaccio e animalac-