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Pagina:Storia della letteratura italiana II.djvu/318

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sua Biblioteca, una specie d’inventario ragionato delle opere nuove. E come si tenea fortunato quell’italiano, che potea averci là dentro un posticino! La lingua francese era divenuta quasi comune, e prendeva il posto della latina. Un movimento d’importazione c’era lento, e impedito da molti ostacoli, e vivamente combattuto nelle accademie e nelle scuole, dove regnava Suarez e Alvarez, tra interpreti e commentatori. La fisica di Cartesio penetrò in Napoli settanta anni dopo la sua morte, e quando già era dimenticata in Francia, e non si aveva ancora notizia del suo Metodo e delle sue Meditazioni. Grozio girava per le mani di pochi. Di Spinosa e di Hobbes il solo nome faceva orrore. Di Giovanni Locke appena qualche sentore. Un movimento si annunziava negli spiriti, quel non so che di vago, quel bisogno di cose nuove che testimonia il ritorno della vita. Pareva che il cervello, dopo lungo sonno, si svegliasse. I Renatisti penetravano nelle scuole co’ loro metodi strepitosi, come li chiamava Vico, promettitori di scienza facile e sicura. Definizioni, assiomi, problemi, teoremi, scolii, postulati cacciavano di sede sillogismi, entimemi e soriti. Il quod erat demonstrandum succedeva all'ergo. Chiamavano pedanti i peripatetici, e questi chiamavano loro ciarlatani. Sempre così. Il vecchio è detto pedanteria, ed il nuovo ciarlataneria. E qualche cosa di vero c’è. Perchè il vecchio nella sua decrepitezza e stagnazione ha del pedante, e il nuovo nella sua giovanile esagerazione ha del ciarlatano. Ciascuno ha il suo lato debole, che non può nascondere all’occhio acuto e appassionato dell’avversario.

La riforma cartesiana in Italia non produsse alcun serio progresso scientifico, com’è d’ogni scienza importata e non uscita da una lenta elaborazione dello spirito nazionale. Fu utile come mezzo di diffusione delle idee nuove. Le quali cacciate d’Italia co’ roghi, con gli