Pagina:Storia della rivoluzione di Roma (vol. I).djvu/465

Da Wikisource.

della rivoluzione di roma 455

furono talmente allarmati i cittadini che desiderarono di essere armati per proteggere non solo il governo ma eziandio le loro proprietà e l’ordine pubblico. Allora non si ebbero in vista nè la pompa e l’appariscenza delle riviste militari, nè le passeggiate, nè i banchetti, nè le dimostrazioni, nè altra cosa qualunque che aver potesse per iscopo gli affratellamenti e la diffusione delle idee di risorgimento italiano. Il buon ordine era in tutto.

La civica del 1831 come tutti sanno non fu monturata, a chiamossi perciò la guardia dei cappelletti, perchè tutti i militi portavano il cappello tondo. In Bologna viceversa, ove regnava altro spirito, fu appunto la guardia civica che nel 1832 fece la seconda rivoluzione.

Gregorio XVI encomiò grandemente e diresse parole di lode alla guardia civica di Roma, le quali posson leggersi nel dizionario anzidetto del Moroni.1

Cessato però in Roma il pericolo e rientrata in città la truppa di linea, il gravoso servizio venne alleggerito, e tutti i nuovi ascritti rimaser liberi; la tassa imposta ai contribuenti cessò, ed il corpo ritornò e per numero e per gravame di servizio qual era prima della rivoluzione del febbraio nelle provincie. I ruoli peraltro rimasero aperti per ogni futura evenienza. Ciò accadde il 25 di luglio, ed il Santo Padre, istituito appena l’ordine di san Gregorio Magno, conferì la decorazione a tutta la officialità, uscendo in queste parole per tutto il corpo civico onorevolissime:

«Gloria sia pure e lode a quegli onorati cittadini, che unitisi premurosi in milizia civica vegliarono indefessi sotto le armi e fra i travagli di servizio il più stretto alla salvezza della nostra persona, e alla quiete di questa città».

Niuno potrà negarci che queste parole risonar dovessero assai più lusinghiere pei cittadini romani presenta-

  1. Vedi Moroni, opera citata vol. XIII, pag. 280.