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e lasciamo ai nostri lettori il giudicare se fosse cosa buona o cattiva. Il Morichini riguardolla in allora, e con esso molti altri, siccome un farmaco salutare. Ma noi forse troppo rigidi la consideriamo come un veleno pestifero. Noi però abbiamo il vantaggio di scrivere nel 1859, dopo dodici anni di più di esperienza, ed egli scriveva sotto l’influenza delle aspirazioni del 1847.

L’altro appunto fu quello di pretermettere l’enunciazione di alcuni vizi o difetti della nostra amministrazione, e quindi di non proporne il rimedio. Uno di questi difetti era la eccessività della spesa di percezione delle imposte e rendite dell’erario. Nel 1847 era asceso il reddito a scudi 9,932,725, e la spesa di percezione si ammontava a scudi 1,988,401, ossia un 15 per % circa, mentre sotto il regno italico, esempio e modello di eccellente amministrazione, non giungeva all’8 ½ per %, ed in Francia secondo il conte Pecchio a non più del 10 per %. Comunque si voglia se negli anni più tranquilli cioè dal 1835 al 1844 vi fu un deficit di circa un milione all’anno, come abbiam detto di sopra, non fu eccessivo lo smanco dell’anno 1847 in iscudi 1,341,168,48, 4/5 in vista delle condizioni dei tempi del tutto eccezionali e scabrosi.

Abbiamo toccato di volo queste cose per dare una qualche idea del nostro stato finanziario.

Aggiungeremo ora che tutti questi bei calcoli e progetti della scienza, le osservazioni dei critici, e le speranze degli amministrati vennero annientate nel susseguente anno 1848 per la forza degli avvenimenti più potenti dei calcoli degli uomini. Ma di ciò avremo a parlare nell’epoca successiva: ed intanto con questo capitolo chiudiamo il racconto degli avvenimenti dell’anno 1847 ed il primo volume delle nostre storie.