Pagina:Storia della rivoluzione di Roma (vol. II).djvu/196

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stavansi a pattugliare, e con animo deciso di terminare queste baldorie vituperevoli al nome romano; ma andando, le cose alla lunga, incominciaronsi ancor essi a stancare, e venivan dicendo che finalmente non era cosa piacevole per loro (molti dei quali eran padri di famiglia) il trovarsi costantemente nel rischio di fare a schioppettate per sostenere dei religiosi i quali finalmente non costituivano la cattolica religione; e poichè i tempi eran talmente cambiati ed avversi ad essi, da non volerceli più, sarebbe stato miglior divisamento il consigliarli a ritirarsi chetamente. Così risparmiate sarebbonsi scene mortificanti per loro, e conflitti sanguinosi per chi avesse voluto difenderli in un momento in cui si navigava eontr’acqua. Partendo, la pace pubblica verrebbe ristabilita; ed i padri trasferitisi sotto cielo più benigno, avrebber potuto esercitare pacificamente il loro ministero.

In seguito di questi fatti, i quali per verità manifestaronsi prima nelle provincie, l’eminentissimo Bofondi in allora segretario di stato, aveva emesso fin dal 28 febbraio una circolare, ove fra le altre cose diceva così: «Quello però che maggiormente ha riempito di amarezza il cuore di Sua Santità è stato lo apprendere che in alcune città dello stato da disordinate e ristrette moltitudini siasi fatta violenza ad alcune famiglie religiose per discacciarle, e ciò o coll’intimorirle o coll’intimare perfino apertamente ad esse la emigrazione. Questa specie di criminosi avvenimenti non potevansi certamente attendere nei nostri tempi, nei quali s’invocano e si esigono legalità, moderazione ed umanità. Quindi la Santità Sua e come -sovrano e come capo della cattolica religione, non può non altamente disapprovare e condannare sì gravi attentati che disonorano la civiltà stessa e contradicono apertamente le libertà che s’invocano1


  1. Vedi il vol. I, Motu-propri ec. n. 36. — Vedi la Gazzetta di Roma del 28 febbraio 1848.