Pagina:Storia della rivoluzione piemontese del 1821 (Santarosa).djvu/66

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giura, mentre trovossi invece che niuno degli arrestati avea preso parte a quella che realmente stava per iscoppiare. Ed infatti, la corrispondenza del principe della Cisterna, di cui s’impadronirono, non fece palese che la liberalità de’ suoi principii, ed il caldo di lui patriotismo, ma non vi si scorse parola che alludesse a complotto. Unico torto del marchese Prierio, agli occhi del governo poteva sembrare, l’essersi da molto tempo mostrato nei suoi discorsi liberalissimo. In quanto al cav. Ettore Perrone, forse gli si ascriveva a delitto l’ardente e mal celato affetto alla gran patria italiana.

Ma la corte e gran parte dei ministri erano stizziti contro del principe della Cisterna e suoi amici1 per l’aperta opposizione che professava al governo. Egli erasi costantemente tenuto lontano dagl’impieghi, ed una sol volta, vivente ancora suo padre, ed a di lui nome avea sollecitato una esenzione dalla legge, non già per defraudare, come usarono molti nobili, i creditori di sua famiglia de’ lor diritti, ma al contrario, onde soddisfarli più prontamente, col mezzo

  1. Dopo quanto mi occorse dire sul carattere del re, non riescirà difficile persuadersi, com’egli non dividesse il risentimento dei ministri, ed anzi son propenso a credere che non aderisse a questi arresti se non se con grande rammarico. Del resto è falso che una lettera del principe della Cisterna a sua sorella, sequestrata assieme ad altre sue carte, sia stata rimessa al suo indirizzo senz’essere stata disigillata. L’autore dei: Trente jours de révolution che racconta questo fatto, venne male informato. La lettera fu restituita al principe della Cisterna quando uscì di prigione, aperta. Mi piace credere che Vittorio Emanuele rispettasse i secreti delle famiglie, ma o egli non avea imposto di rispettarli del pari ai suoi ministri, od i suoi ordini non furono osservati.