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presso i Greci e presso i Romani. | 117 |
si palesò, ma non tardò poi più d’un mezzo secolo a comparire sul marmo e sul bronzo: che tanto tempo appunto scorse fra Parrasio coevo di Fidia e Prassitele, le cui opere, da quanto si fa, per una particolar grazia da quelle de suoi predecessori distinguevansi[1].
§. 17. Come Parrasio può dirsi il padre di quella Grazia nell'arte, così Apelle[2] dirsene potrebbe il pittore, poichè seppe rendersela propria[3]; e quella sola, ad esclusione delle altre due sorelle, espresse in un suo quadro[4]. Può qui osservarsi che entrambi questi grandi artisti son nati sotto il voluttuoso clima della Jonia, e in un paese, ove qualche secolo prima era stato dotato della Grazia sublime il padre de’ poeti: poiché sappiamo essere stata Efeso la patria dei due mentovati pittori; e forse Apelle da un altro Apelle venuto a Smirne colle Amazzoni traeva l’origine; e avea così qualche consanguinità con Omero, fra i di cui antenati quell’Apelle s’annovera[5]. Parrasio dotato d’una tenera sensibilità, su cui pur influiva la dolcezza del clima, ed istruito da un padre, che aveasi acquistata della riputazione nell’arte, portossi ad Atene, ove divenne l’amico del savio, del maestro della grazia, Socrate, il quale la fece conoscere a Platone e a Senofonte.
§. 18. La varietà, che s’introdusse allora nell’espressione, non nocque punto all’armonia e alla grandezza dello stile bello. L’anima allora si manifestò ne’ lavori, come sotto una tranquilla superficie d’acqua, e non mai con impeto e violenza. Nell’espressione di patimenti, il più acerbo dolore, come nel Laocoonte, restava rinserrato nell’interno; e la gioja, come molle auretta che appena scuote le
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