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166 Storia dell’Arte presso i Greci

uno de’ più antichi scultori, che avea intagliata una statua di Giunone in legno1. [Endeo] Uno degli scolari di Dedalo era Endeo2, che forse accompagnollo a Creta3. Fiorirono quindi gli scultori di Rodi, che in molti luoghi della Grecia lavorarono delle statue, dette telchinie (τελχίνιαι) dal nome de’ primi abitatori di quell’isola, che Telchinj chiamaronsi4.

[Giziada] §. 4. Sembra però che la prima epoca degli antichi artisti cominciar si debba da Giziada scultore spartano, di cui v’erano nella sua patria varie statue di bronzo5; poichè visse prima della guerra tra Messene e Sparta, guerra che si accese nell’olimpiade ix. Quest’anno combina col duodecimo di Roma, e vuolsi che le olimpiadi cominciassero 407. anni dopo la guerra di Troja6. Si rendè chiaro allora il pittore [Bularco] Bularco7, di cui un quadro, rappresentante una battaglia, venduto fu a peso d’oro8. Fiorì a un di presso al medesimo tempo Aristocle [Aristocle] di Cidonia in Creta, poiché egli visse


avan-


  1. È per tanto probabile che debba leggersi Smilis in vece di Skelmis. Vedasi nelle note di Bentley a questo passo di Callimaco quante congetture siano fatte da lui, e da altri intorno a tal nome.
  2. Paus. lib. 1. cap. 26. pag. 62. lin. 28.
  3. Di lui Atenagora loc. cit. rammenta tra le figure celebri una statua di Minerva sedente, un’altra parimente di questa dea, e la statua di Diana in Efeso; e lo dice anche scolare di Dedalo.
  4. Diod. Sic. lib. 5. §. 55 pag. 374.
  5. Paus. lib. 3. cap. 17. pag. 250.
  6. Euseb. De Præp. evang. lib. 10. cap. 11. in fine, pag. 496. B. [Dice Eusebio, che questa è l’opinione di Taziano. Egli cap. 9. pag. 484. secondo la cronologia de’ commentarj greci crede più giusto, che fosse l’anno 408. Roma secondo la cronologia di Porcio Catone, che Dionisio d’Alicarnasso Antiq. Rom. lib. 1. cap. 74. pag. 79. princ. crede la più giusta, fu fondata nell’anno i. dell’olimpiade vii. Altri però la vogliono fondata qualche anno prima, ed altri qualche anno dopo. Vegg. Boivin il vecchio Epoque de Rome, ec., Acad. des Inscript, Tom. iI, Mém. pag. 490, e segg.
  7. Plin. lib. 35. cap. 8. sect. 34.
  8. Non meno sorprendente di questo ci riesce il prezzo, a cui sono state comperate, per testimonio dello stesso Plinio lib. 35. c. 7. sect. 32., altre antiche pitture. Egli ebbe a dire che per un buon quadro bastavano appena le ricchezze d’una città. Diffatti un Ajace ed una Venere pagati furono da Marco Agrippa dodici mila sesterzj, id. ibid. cap. 4. sect. 9.; sei mila fu valutato un quadro d’Aristide, id. ibid sect. 8., e Augusto sborsò cento talenti per la Venere d’Apelle, idem lib. 35. cap. 10. sect. 36. §. 15. Ricusò Nicia di vendere al re Attalo la sua necromanzia d’Omero per sessanta talenti; ma volle piuttosto farne un liberal dono alla propria patria, id. ibid. cap. 11. sect. 40. §. 18. Altri simili esempi di quadri prezzati a somme che a noi sembrano esorbitanti riporta il Winkelmann al Cap. III. di questo Libro. In eguale stima si ebbero ancora le opere di scultura. Per sessanta mila sesterzj fu da Lucullo ordinata ad Arcesilao una statua della Felicità; ma per la morte d’amendue rimase questa imperfetta, id. ib. csp. 12. sect. 45. La statua di Policleto, rappresentante un coronato garzone, fu venduta cento talenti, id. lib. 34.