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190 Storia dell’Arte presso i Greci

[Alcamene.] §. 9. Alcamene ateniese, ed Agoracrito di Paro furono i più celebri fra gli scolari di Fidia. Il primo ebbe la gloria di far il basso-rilievo sul frontispizio posteriore del tempio di Giove in Elide, ove da una parte avea rappresentata la pugna de’ Lapiti coi Centauri alle nozze di Piritoo, e dall’altra Teseo che colla scure strage facea de’ Centauri medesimi. Così leggiamo in Pausania1, i cui interpreti hanno tradotta nella volta la greca voce ἐν τοῖς ἀετοῖς che, sebbene sia nel numero del più, indica tuttavia un apice solo; e altronde nessuno de’ tempj quadrilunghi, qual era il mentovato, avea la volta, ma bensì una soffitta piana. Per la stessa ragione sono state mal tradotte le parole seguenti: καὶ αὖθις ὁ ἀετὸς κάτεισιν ἐς στενόν, καὶ κατὰ τοῦτο Ἀλφειὸς ἐπ᾿ αὐτοῦ πεποίηται, che sono state intese d’una volta ( hic se laqueare in angustum fastigium contrahit2; poiché Pausania, dopo di aver descritta la corsa di Pelope e d’Ippodamia espressa nel frontispizio anteriore di questo tempio, soggiugne che sulla cima di esso vedeasi rappresentato il fiume Alfeo. Questo Al-



came-


    tarco in Pericle, pag. 159. seq., Luciano Fro imag. §. 14. oper. Tom. iI. pag. 492., Cicerone De cl. orat. cap. 64. n. 228., Plinio lib. 10. c. 8. sect. 19. §. 1., Quintiliano lib. 12. cap. 10., ed altri fecero a gara nel celebrare le sue opere. Oltre la Pallade e ’l Giove Olimpico, a’ quali accrescevano pregio diversi minuti finissimi lavori eseguiti da lui con impareggiabile maestria [ come si è fatto osservare sopra alla pag. 35. not. a. ], altre statue pur in avorio di questo grande maestro rammentansi dagli antichi, i quali ne accennano eziandio alcune in bronzo, ed anche in legno. Più comunemente però lavorava in marmo. Plinio loc. cit. gli attribuisce altresì l’invenzione di lavorar al torno, perfezionata poi da Policleto; ma tal gloria gli viene contrariata da Salmasio Plin. exercit. in Solin. cap. 52. Tom. iI. pag. 737. [ Ved. qui avanti p. 9. 10. ]. Rollin Storia ant. T. XII. lib 22. cap. 5. art. 2. pag. 177. scrive ch’ei fu anche pittore; ma non dice donde abbia tratta questa notizia. [ L’avrà tratta da Plinio lib. 35. cap. 8. sect. 34., il quale dice, che prima fu pittore, e poi scultore, e che dipingesse il suo Giove Olimpico ]. È certo che la scultura fu l’arte che lo rendè immortale. Non ostante però un merito sì dichiarato, la gelosia e l’invidia lo prese a perseguitare. Quanti emoli invidiosi abbiano tentato di nuocere a Fidia, raccogliesi da Plinio e da Plutarco, al quale però creder non posso che sì celebre scultore abbia finito i giorni suoi in carcere, o per veleno apprestatogli da’ suoi nemici. Il Giove Olimpico è stata opera posteriore al tempo in cui vuolsi da Plutarco morto Fidia. V. Gedoyn Hist. de Phidias, Acad. des Inscript. Tom. IX. Mém. p. 196. [ Tanta era la stima, che si faceva di questa statua, e il fanatismo de’ Greci per essa, che tutti generalmente andavano a vederla; e si credevano sfortunati coloro, i quali non potevano avere un tal piacere. Quæ dementia est, scrive Epitteto presso Arriano lib. 1. c. 6., ad Olympia proficisci vos, ut Phidiæ opus spectetis, ac si quis ante obitum non viderit, pro infortunato seipsum reputare?

  1. lib. 5. cap. 10. pag. 390.
  2. Sono state così benissimo tradotte, perchè laqueare vuol dire soffitta piana.